“Palermo, 16 giugno 2020. Questa mattina hanno avuto avvio i lavori di risanamento delle pile del viadotto Akragas I, ad Agrigento. Gli interventi rientrano nel primo stralcio dei lavori previsti e prevedono un investimento complessivo pari a 2,5 milioni di euro. Sono stati anche riavviati i lavori di risanamento delle pile del viadotto Akragas II, dopo l’interruzione dovuta all’emergenza Covid-19. L’ultimazione definitiva dei lavori, che prevede il risanamento di tutte le pile e degli impalcati di entrambi i viadotti, è prevista nel corso del 2021 sebbene, durante le fasi intermedie delle lavorazioni, sarà valutata la possibilità di parziali e progressive riaperture al traffico”. Questo è il comunicato stampa che quel 16 giugno di quasi 5 anni fa l’ufficio stampa dell’Anas diffuse ai media, per annunciare che sul grande viadotto agrigentino era giunto il momento di “fare sul serio”. Bene, anzi, male, malissimo, visto al 21 marzo 2025 (!) il viadotto è percorribile su un solo lato, con pericoli di straordinaria rilevanza per la particolare conformazione del tracciato e la concomitante presenza del cantiere sul versante ancora chiuso. Per chi non lo sapesse o ricordasse, il viadotto Akragas è “chiuso” dal 17 marzo 2017. Il 14 agosto 2018 a Genova crollò il grande ponte Morandi (43 morti, oltre 550 sfollati), mentre ad Agrigento, nel 2019 si registrò lo stop nei lavori per il ripristino dell’intero tracciato del viadotto Akragas. Cantiere chiuso non per gli effetti del Coronavirus, visto che altri lavori analoghi furono ripresi regolarmente e speditamente (vedi per il ponte Petrusa), ma perchè ci furono problemi di soldi. Ma perché a Genova si correva anche di notte e ad Agrigento si viaggia (ancora) a passo di lumaca? Perchè a Genova fu una strage, ad Agrigento per fortuna nessuno ci ha rimesso la vita. Ad Agrigento a rimetterci è però il rispetto per la comunità che la abita, sostanzialmente privata di una infrastruttura spesso criticata, ma molto funzionale dal punto di vista strettamente viario. Dalla classe politica locale – a tutti i livelli – si registra un silenzio assordante, nessuno “osa” strigliare Anas e chi la collabora in questo lavoro che sta proseguendo da troppo tempo. Nemmeno l’anno da Capitale italiana della Cultura sollecita un moto d’orgoglio da parte delle istituzioni locali a chiedere conto e ragione di questa scandalosa situazione. 

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