Doveva essere una festa, una occasione di rilancio per la comunità. Agrigento Capitale della Cultura si sta, purtroppo, rivelando una festa solo per chi sta sparpagliando e/o incassando denari pubblici, per pseudoeventi che interessano solo loro. Su quanto sta accadendo per mano della Fondazione, del Comune e di tutti gli altri enti istituzionali coinvolti nell'”organizzazione” del evento si attendono accertamenti e verifiche da parte degli organi competenti, ma su quello che è ormai un carrozzone sgangherato si abbatte adesso anche una metaforica maledizione. Quando accaduto un paio di giorni fa in via Atenea è la rappresentazione plastica del “crollo” del sogno. Il riferimento è al crollo all’interno del cantiere per la ristrutturazione dell’ex ospedale, destinato a diventare sede dell’Università agrigentina. Un futuro da simbolo della cultura per le nuove generazioni, da inaugurare magari nel corso dell’anno di Agrigento Capitale della Cultura. Sarebbe stato bellissimo, ma non sarà così e chissà quando lo sarà mai.
Alcune domande …
Sulle cause del disastro la Procura della Repubblica di Agrigento avrebbe aperto un’indagine per risalire a eventuali responsabilità da parte di chi ha eseguito i lavori e li ha coordinati. Il sindaco Francesco Miccichè chiede che sia faccia luce su quanto accaduto, “tranquillo” perchè i lavori e la struttura non sarebbero riconducibili a responsabilità dirette del Comune. Viene però da chiedersi cosa abbia fatto il Comune per vigilare su quanto accadeva in quel cantiere nel “salotto” cittadino. Ci sono mai stati controlli da parte dei vigili urbani? Sono stati mai mossi appunti agli operai? C’è mai stata una interlocuzione con i preoccupati residenti delle case attigue al cantiere? Domande che è lecito porsi in questi giorni di sgomento. Sotto quel cumulo di macerie per fortuna non è rimasto alcun operaio, ma l’utopia. L’utopia di vedere potenziare l’aspetto culturale di una città che ha nei suoi Templi, nelle bellezze del proprio centro storico gioielli che nessuno – anche se incapace o delinquente – potrà mai spazzare via. La futura sede dell’Università ferita quasi mortalmente da un crollo generato – forse, chissà, vedremo – da presunti errori umani è l’icona del fallimento di un sogno. Rimangono altri sei mesi e mezzo per cercare di salvare la faccia a una città attonita, delusa, schifata. Uno scenario che però pare difficile dal potersi avverare, visto che i ritardi organizzativi e l’opacità della gestione attuale dell’evento.

