Ex carcere San Vito di Agrigento: un grande progetto, ma la sicurezza?
L’ex carcere San Vito di Agrigento, costruito nel 1432 come convento e trasformato in carcere duro nel 1864, è oggi al centro di un ambizioso progetto di rigenerazione urbana e culturale promosso da Farm Cultural Park in collaborazione con il Politecnico di Milano, grazie all’affidamento temporaneo concesso dall’Agenzia del Demanio.
Durante la presentazione del progetto erano presenti rappresentanti istituzionali di spicco, tra cui il sindaco Francesco Miccichè, il direttore regionale del Demanio Silvano Alcamone, Andrea Bartoli di Farm, Giuseppe Parello per Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, la Soprintendenza ai Beni Culturali, docenti e studenti del Politecnico.
Tutti concordi: «Da luogo di grande sofferenza a luogo di rinascita». Il progetto prevede la trasformazione del complesso in centro di innovazione culturale e sociale, con l’annuncio dell’apertura, già da fine giugno, di tre padiglioni della Biennale delle Città del Mondo “Countless Cities”.
Ma la struttura è davvero agibile?
Le immagini documentano un contesto tutt’altro che sicuro: crepe evidenti sui muri, intonaci cadenti, impianti fatiscenti, ferri scoperti e assenza totale di dispositivi di protezione individuale (DPI), nonostante siano presenti studenti, visitatori, tecnici e relatori. Se si tratta ancora di un cantiere — e tutto fa pensare che lo sia — ci si chiede come si possano svolgere incontri pubblici e attività didattiche in un ambiente non certificato e potenzialmente pericoloso.
Le norme in materia di sicurezza sono chiare: in assenza di agibilità e con la presenza di rischi strutturali, è obbligatorio l’uso di DPI e la limitazione dell’accesso a personale autorizzato. Nessuno dei presenti nelle immagini appare dotato di caschi, scarpe antinfortunistiche o altri strumenti di protezione, né risultano delimitazioni di aree pericolose.
“Conosciamo quella struttura meglio delle nostre tasche – si legge in una riflessione condivisa da più osservatori locali – e possiamo affermare con certezza che non è sicura in nessun angolo. Come si può pensare di aprirla al pubblico già da giugno e luglio per eventi e manifestazioni?”
Un progetto affascinante, ma servono certezze
Se il progetto di riqualificazione ha sicuramente elementi di valore — soprattutto in termini di recupero di spazi abbandonati e restituzione alla comunità — resta cruciale il tema della sicurezza. Serve chiarezza: la struttura ha ottenuto l’agibilità? È stata effettuata una valutazione dei rischi? Quali autorizzazioni sono state concesse per gli accessi attuali e per gli eventi programmati?
Senza risposte trasparenti e pubbliche, si rischia di trasformare un’opportunità culturale in un potenziale caso di negligenza istituzionale. Il rischio è che, nell’euforia per il rilancio culturale in vista del 2025, si trascurino le basi: sicurezza, regolarità, e tutela di chi partecipa.
📷 Le immagini a corredo dell’articolo sono eloquenti e sollevano interrogativi legittimi sulla reale idoneità dello spazio ad ospitare eventi pubblici.













