Tra arresti per corruzione e consulenti coinvolti nell’inchiesta Pandora, Giuseppe Di Rosa aveva chiesto lo scioglimento del Comune di Agrigento. Poi, il Codacons nazionale cancella il dipartimento da lui diretto “delegittimandolo” di fatto: “il segretario nazionale, Tanasi mi disse che non poteva più dire di no a Di Mauro”.

AGRIGENTO – Il Comune di Agrigento è travolto da una bufera giudiziaria senza precedenti, con un susseguirsi di indagini, arresti e sospetti che non accennano a placarsi. Ma mentre la magistratura agisce, chi ha alzato per primo la voce, chiedendo ispezioni, trasparenza e perfino lo scioglimento per infiltrazioni criminali, viene silenziato. È il caso di Giuseppe Di Rosa, già presidente del Dipartimento regionale Trasparenza Enti Locali del Codacons Sicilia, oggi estromesso dal ruolo su decisione del segretario nazionale Francesco Tanasi che ha di fatto cancellato il dipartimento non potendo fare altro per delegittimare il Di Rosa.

Una decisione, quella del Codacons nazionale, che arriva proprio mentre le denunce di Di Rosa iniziano a trovare riscontro nelle carte della magistratura.

La miccia: il ciclone giudiziario su Palazzo dei Giganti

Era il 31 Maggio del 2022, quando Di Rosa veniva intervistato da Irene MILISENDA di GrandangoloAgrigento, in un servizio che denunciava un quadro allarmante:

Era il 22 aprile 2024, quando Di Rosa veniva intervistato da Davide Sardo, in un servizio che denunciava ciò che già aveva investito il Comune di Agrigento:

  • L’arresto per corruzione del capo di gabinetto del sindaco, Gaetano Di Giovanni, anche comandante della polizia municipale;

  • Il coinvolgimento del consulente Paolo Di Loreto, incaricato per la redazione del Piano Regolatore Generale, arrestato nell’ambito dell’operazione Pandora condotta dalla Procura di Catania;

  • L’indagine a carico dell’ingegnere Maurizio Erbicella, anch’egli incaricato dal Comune per prestazioni professionali da oltre 70.000 euro.

La stessa operazione Pandora – ricordava Di Rosa – faceva riferimento diretto a rapporti con il clan mafioso Santapaola e a un sistema di assegnazione pilotata di incarichi e appalti.

“Ci sono Comuni sciolti nel Palermitano per molto meno – disse Di Rosa –. Ad Agrigento ci sono arresti di funzionari apicali, consulenti coinvolti in inchieste di mafia, atti pubblici opachi. Noi abbiamo prima chiesto la Commissione d’indagine. Oggi, chiediamo direttamente lo scioglimento del Comune per infiltrazioni”.

Il Codacons nazionale elimina il dipartimento diretto da Di Rosa

Ma mentre le carte parlavano, e la stampa nazionale iniziava ad accorgersi della gravità dei fatti, arrivava il colpo di scena: il Codacons nazionale cancella il Dipartimento Trasparenza Enti Locali e revoca il ruolo a Di Rosa.

Una decisione politica, secondo lo stesso Di Rosa, maturata dopo una lunga fase di ostruzionismo interno:

“Ricordo come fosse oggi – racconta – quando Tanasi tentò di avocare a sé la gestione delle questioni su Agrigento Capitale della Cultura. Poi, in un incontro da me voluto a Catania, mi disse in faccia: “Non posso più dire di no all’assessore Di Mauro, mi ha chiesto più volte di allontanarti””.

Un’ammissione diretta, secondo Di Rosa, che suona oggi come una resa al potere politico e una delegittimazione di chi aveva avuto il coraggio di denunciare.

Oggi le carte parlano: e ora?

Mentre l’inchiesta della Procura di Agrigento tocca anche l’on. Roberto Di Mauro, riferimento politico diretto del sindaco Francesco Miccichè e della quasi totalità della giunta, le parole di Giuseppe Di Rosa trovano conferma nei nomi, negli atti, nei provvedimenti di sequestro e arresto.

E allora la domanda è inevitabile:
Perché chi denuncia viene allontanato? Perché il Codacons nazionale ha silenziato il suo referente più attivo proprio mentre le sue denunce trovavano conferma nei tribunali?

Agrigento oggi è sotto indagine, sfiorata da scandali giudiziari e infiltrazioni descritte in atti ufficiali. Eppure, a pagare il prezzo della verità, è chi ha osato parlare per primo.

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