I cantieri dovevano partire da via Imera, ma su richiesta politica e per esigenze clientelari, sono stati spostati su via Demetra. Le intercettazioni svelano pressioni, favoritismi e reclutamenti opachi. A rischio milioni di euro pubblici.

«Non ti prendere operai di Agrigento… vogliono il posto alla Banca d’Italia!»
Così parlava l’on. Roberto Di Mauro, ex assessore regionale e figura chiave del potere politico siciliano, durante un incontro riservato avvenuto il 14 marzo 2025 al Grand Hotel Mosè di Agrigento. Un dialogo intercettato dagli investigatori della Squadra Mobile che svela come il cantiere della rete idrica cittadina – un’opera pubblica da milioni di euro – sia stato manipolato sin dall’inizio per soddisfare logiche clientelari e accordi sottobanco.

I lavori, secondo il cronoprogramma concordato con l’ingegnere Pietro Agnello, sarebbero dovuti partire da via Imera. Ma il cantiere, nella realtà, è stato avviato da via Demetra, per decisione maturata durante quell’incontro informale, alla presenza del rappresentante della ditta aggiudicataria Giuseppe Capizzi e del reclutatore “di fiducia” Luigi Auria.

Tra selezioni opache degli operai, favoritismi personali e un linguaggio che riduce la città di Agrigento a serbatoio di “sfaticati”, le intercettazioni aprono uno squarcio inquietante su come si amministrano i soldi pubblici in Sicilia.

Il piano iniziale: via Imera come punto di partenza

Il 14 marzo 2025, al Grand Hotel Mosè, durante un incontro tra l’on. Giovanni “Roberto” Di Mauro, Giuseppe Capizzi, Luigi Auria e altri soggetti, viene registrato un passaggio chiave:

“Giorno 2 iniziamo a scavare… iniziamo da un tratto… quella di via Imera…”
Di Mauro conferma: “Via Imera.”
Capizzi: “Eh! Iniziamo da lì.”

Nel dialogo viene anche chiesto ad Auria se sia disponibile a mettere insieme una squadra di operai. La priorità, in quel momento, non sembra essere l’efficienza dell’intervento, ma trovare in fretta manodopera da impiegare in quel preciso cantiere.

Il cambio improvviso: perché via Demetra?

Nonostante l’accordo verbale e l’organizzazione attivata per via Imera, i lavori non sono mai iniziati da lì. Sono invece partiti, senza spiegazione pubblica, da via Demetra. Un’anomalia? No, una decisione consapevole.

Le stesse intercettazioni rivelano che Di Mauro e Capizzi, assieme a Giovanni Campagna, stavano allestendo “a voce” un sistema parallelo di reclutamento:

“Qua 30 persone sono… minchia, in un anno devo fare quaranta km di condotta”
“Non ti prendere persone di Agrigento… vogliono il posto alla Banca d’Italia… prendi quelli dei paesi”.

L’interesse non era la logica esecutiva del progetto, ma garantire lavoro a soggetti fidelizzati. E forse proprio per ragioni logistiche o di contiguità politica con alcune aree, via Demetra risultava più comoda da gestire.

L’ombra della politica e delle clientele

Dalle carte emergono responsabilità politiche pesanti. Di Mauro, ex assessore regionale all’energia e ai servizi pubblici, appare in posizione di regia:

“Fatti dare l’elenco degli operai da Campagna… che sono figli di Angelo Messinese, saldatore…”

Ma il quadro è ancora più grave: Capizzi parla liberamente di due sole imprese esecutrici, riducendo l’RTI da tre a due componenti; si pianifica il cantiere in un hotel, si selezionano gli operai in base alle parentele, si snobba Agrigento.

Perché i lavori sono iniziati in via Demetra e non in via Imera? Chi ha autorizzato il cambio di programma? E soprattutto: chi controlla che il denaro pubblico destinato alla rete idrica venga speso secondo logiche tecniche e non clientelari?

Una città con le condotte colabrodo da decenni non può permettersi che anche il rifacimento della rete venga gestito come una “cosa privata” di pochi eletti.

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