AGRIGENTO – Doveva essere una seduta importante, convocata dopo pressioni e richieste da parte di associazioni civiche, cittadini e comitati, affinché si facesse chiarezza sulla crisi idrica e sulla situazione debitoria dell’AICA. E invece, il consiglio comunale del 18 giugno si è tenuto in forma ordinaria, nonostante le richieste di un’apertura alle associazioni, e si è consumato nella quasi indifferenza di molti consiglieri e dei principali promotori dell’iniziativa.
🕕 Un inizio a rilento: 25 minuti di attesa per il numero legale
Convocato per le ore 18:00, il consiglio ha potuto aprire l’adunanza soltanto alle 18:55, dopo un primo appello andato a vuoto alle 18:25. Presenti all’appello soltanto 14 consiglieri su 24, appena uno sopra il minimo legale per l’apertura della seduta. Un segnale evidente della scarsa considerazione politica per un tema cruciale, che ha visto 10 consiglieri assenti, la maggior parte dei quali riconducibili all’opposizione, oggi rappresentata formalmente da soli due esponenti della DC e dal dottor Alfano, eletto nella lista del deputato Di Mauro ma oggi “indipendente” (nonostante voti sistematicamente gli strumenti finanziari della giunta).
💧 Le parole di ATI: “Oggi non c’è emergenza”. Ma l’estate scorsa?
Ad affrontare l’argomento, tra i tecnici presenti, il direttore generale di AICA Claudio Guarneri, il direttore tecnico ing. Fiorino, il presidente di ATI Idrico e sindaco di Montallegro Giovanni Cirillo e il direttore generale ATI ing. Enzo Greco Lucchina.
Proprio quest’ultimo ha dichiarato che “ad Agrigento oggi arrivano oltre 200 litri al secondo” e che “non ci sono i parametri tecnici per dichiarare una crisi idrica”.
Un’affermazione che stride fortemente con quanto accaduto nell’estate 2024, quando – secondo quanto emerso da fonti investigative – l’acqua non fu semplicemente razionata, ma fatta mancare volontariamente alla popolazione, come strumento di pressione in una partita politica che avrebbe coinvolto livelli amministrativi e gestionali. Il tutto mentre il sindaco Francesco Miccichè, in più occasioni, ha dichiarato pubblicamente di sapere tutto su AICA e ATI, e di essere sempre stato informato di ogni scelta.
❓Domanda inevitabile: se sapeva tutto, sapeva anche di questo?
Nessuno dei consiglieri presenti ha avuto il coraggio di porre al primo cittadino la domanda più ovvia: se nulla è stato fatto all’insaputa del sindaco, come può lo stesso non sapere che l’acqua è stata fatta mancare volutamente, e che tutta la gara e la consegna dei lavori sarebbero illegittimi e manovrati, come sostengono atti ufficiali della Procura?
Chi ha deciso di assetare gli Agrigentini? E perché non si è intervenuti?
📉 Consiglio poco partecipato: assenti anche le associazioni promotrici
In aula appena una ventina di cittadini, tra cui alcuni rappresentanti di associazioni. Paradossalmente, assenti proprio alcuni dei promotori della raccolta di oltre 500 firme con cui era stata chiesta a gran voce una seduta dedicata e aperta al pubblico. Un’occasione che poteva essere determinante per far emergere responsabilità e per richiedere chiarezza politica, ma che si è trasformata in una seduta tecnica, priva di confronto reale e ridotta alla consueta liturgia istituzionale.
🗣️ Gli interventi in aula
Degno di nota l’intervento del consigliere Pasquale Spataro, tra i pochi ad affrontare con chiarezza politica la questione.
Il consigliere Alfano, invece, ha tenuto un intervento di tipo riepilogativo, illustrando quanto fatto da lui e da altri colleghi in questi mesi, ma senza assumere una posizione netta.
La consigliera Zicari ha lamentato genericamente una “carenza di risposte”, senza entrare nel merito dei fatti.
In una città che dovrebbe essere al centro dell’attenzione nazionale come Capitale Italiana della Cultura 2025, il diritto all’acqua e la trasparenza sulla sua gestione sembrano ancora elementi secondari nella gerarchia della politica locale.
La seduta del consiglio comunale del 18 giugno ne è stato un esempio emblematico: assenze, silenzi, omissioni e una partecipazione cittadina ai minimi storici.
Eppure la domanda resta lì, sospesa tra gli scranni vuoti e le bottiglie d’acqua razionate: chi ha fatto mancare l’acqua agli agrigentini e chi ne ha tratto vantaggio?


