Anticipato il 30% dell’appalto per la rete idrica di Agrigento senza fideiussione valida e senza decreto di finanziamento. Il direttore dei lavori chiede la rescissione. Le intercettazioni rivelano pressioni politiche e discriminazioni sul personale. Nessuna risposta dai vertici AICA.
AGRIGENTO – Doveva essere l’opera del riscatto per una città assetata da anni, e invece sta diventando un caso nazionale di cattiva gestione, opacità e mancanza di controlli. Il maxi appalto per il rifacimento della rete idrica agrigentina – già finito al centro di un’inchiesta per presunte pressioni politiche e favoritismi nella scelta della manodopera – ora si arricchisce di un nuovo capitolo inquietante: il 30% dell’importo contrattuale sarebbe stato anticipato alla ditta esecutrice senza fideiussione valida e senza decreto di finanziamento definitivo.
Secondo fonti attendibili, l’ingegnere Pietro Agnello, direttore dei lavori, avrebbe già inviato più relazioni formali in cui chiede l’immediata rescissione del contratto, a causa della polizza ritenuta non conforme alle norme e priva di copertura assicurativa reale. Una denuncia interna che, ad oggi, è rimasta inascoltata.
Polizza non valida, soldi erogati: un pasticcio amministrativo
Come anticipato da Report Sicilia, la ditta esecutrice – una RTI composta da Consorzio Stabile DELLA, Essequattro Costruzioni srl e GEN Costruzioni srl – avrebbe ricevuto un anticipo del 30% dell’importo complessivo del contratto, senza che la polizza fideiussoria a garanzia dell’anticipo fosse regolare.
Ma non è tutto: non risulta ancora pubblicato il decreto di finanziamento completo dell’opera, cioè il provvedimento ufficiale che impegna integralmente le somme pubbliche per l’esecuzione dell’intervento.
Chi ha autorizzato il pagamento? Su quali basi legali e finanziarie è stato erogato l’anticipo? Come possono proseguire i lavori se mancano le condizioni minime di tutela contrattuale?
Le intercettazioni: “Non ti prendere operai di Agrigento”
A rendere ancora più grave la vicenda è il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte dagli investigatori e pubblicate da Report Sicilia. In un incontro registrato il 14 marzo 2025, l’assessore regionale Roberto Di Mauro, parlando con l’imprenditore Giuseppe Capizzi (sindaco di Maletto, già interdetto per corruzione) e Luigi Auria, esplicitava la sua visione:
D.R. (Di Mauro): “Ricordati… non ti prendere persone di Agrigento… non vogliono lavorare.”
D.R.: “Vogliono il posto alla Banca d’Italia… te li devi prendere dai paesi.”
E ancora:
C.G. (Capizzi): “In un anno devo fare 40 km di condotta…”
D.R.: “No… ci vogliono due anni.”
Un’affermazione quest’ultima in totale contrasto con quanto previsto dal contratto, che indica chiaramente una durata massima di 12 mesi. Anche il Presidente della Regione Renato Schifani aveva sollevato dubbi, notando come nella tabella esposta al momento dell’inaugurazione non fosse indicata la data di ultimazione dei lavori.
E i vertici di AICA? Il silenzio dei responsabili
Di fronte a una situazione che coinvolge direttamente l’ente attuatore AICA, il silenzio dei suoi vertici è inaccettabile:
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Il CDA uscente, recentemente estromesso, non ha fornito spiegazioni su chi abbia autorizzato l’anticipazione senza garanzie valide;
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Il direttore generale in carica, Claudio Guarneri, non ha rilasciato dichiarazioni, pur essendo anche direttore della SSR ATO AG4, coinvolta in altri fronti sensibili come il progetto CCR di Ravanusa;
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Il RUP (Responsabile Unico del Procedimento), che ha l’obbligo giuridico di vigilare sul corretto svolgimento della gara e sulla regolarità della documentazione, non risulta aver bloccato l’operazione né aver prodotto opposizione alla liquidazione dell’anticipo.
Eppure è proprio su queste figure che ricade, per legge, la responsabilità di verificare l’efficacia delle polizze, la correttezza dei pagamenti, la regolarità contrattuale e la trasparenza nella gestione dell’appalto.
Conclusione: lavori a rischio, città senza garanzie
Agrigento si ritrova in una situazione paradossale: un’opera pubblica da decine di milioni avviata senza un vero finanziamento, con una garanzia non valida, senza tempi certi di consegna, senza trasparenza sulla manodopera, e con pressioni e intromissioni politiche documentate da intercettazioni giudiziarie.
Chi pagherà se il contratto verrà sciolto? Cosa accadrà alle somme già anticipate? E chi risponderà per il danno erariale e l’ennesimo fallimento infrastrutturale?
Le autorità regionali, la magistratura contabile e la Procura della Repubblica non possono più ignorare quanto sta accadendo. È urgente fare luce, accertare le responsabilità e fermare il meccanismo prima che sia troppo tardi.

