A pochi mesi dalle elezioni comunali, ad Agrigento non si parla di bilanci o risultati, ma solo di rimpasto. Un’amministrazione fallimentare, disinteressata ai problemi della città e sempre più avvezza alle logiche di potere.

A nove mesi dalle elezioni amministrative, mentre i cittadini di Agrigento fanno i conti con disservizi, degrado urbano, crisi idrica e sociale, chi governa pensa ancora a rimpasti e giochi di potere. Nessun confronto pubblico sui risultati ottenuti – che sono sotto gli occhi di tutti – ma solo trattative interne per riequilibrare la giunta e ridistribuire incarichi.

Cinque anni di mandato sono passati invano. Il sindaco Franco Miccichè ha costruito tutto il suo percorso politico sullo slogan della “Capitale della Cultura”, ma si è dimenticato della città reale: quartieri dimenticati, scuole lasciate all’incuria, famiglie senza servizi essenziali, giovani costretti a fuggire.

La nave Agrigento, che doveva “cambiare rotta”, è affondata senza nocchiero, trascinata a fondo da un’amministrazione debole, incoerente, fatta di rimpasti continui, nomine clientelari, deleghe assegnate per convenienza politica più che per competenza.

Nessuna visione, nessuna progettualità, nessun atto concreto per risollevare la città.

L’amministrazione più inconcludente del secolo

Quella attualmente in carica è, senza mezzi termini, l’amministrazione più inconcludente degli ultimi 100 anni ad Agrigento. Una giunta che ha governato senza governare, lasciando spazio a dinamiche opache, a scelte pilotate, a rapporti ambigui con interessi esterni e con circuiti lontani dalla buona politica.

Tutti i grandi nodi sono rimasti irrisolti:

  • La rete idrica è fatiscente e ancora oggi perde acqua ogni giorno.

  • Il servizio di assistenza ai disabili è stato tagliato senza spiegazioni.

  • Le periferie vivono nell’abbandono.

  • Le politiche culturali si sono ridotte a eventi di facciata, senza alcun impatto strutturale.

E oggi, anziché rendere conto di cinque anni fallimentari, si pensa a come riposizionarsi in vista del voto, cercando nuove alleanze, nuovi volti da sacrificare o da salvare, senza mai guardare ai cittadini.

Un teatrino politico lontano dalla città

Il rimpasto di giunta a pochi mesi dalla fine del mandato è l’ennesima conferma di una politica autoreferenziale, che pensa a se stessa e non alla città. Nessuna autocritica, nessuna trasparenza, nessuna assunzione di responsabilità. Solo la corsa a occupare spazi, a blindare posizioni, a difendere privilegi.

Agrigento, intanto, muore lentamente, stretta tra povertà, sfiducia e rassegnazione. E chi l’ha governata in questi anni porta la responsabilità storica e politica di questo declino.

Il vero rimpasto che Agrigento merita è quello nelle urne: una sostituzione completa di chi ha fallito. Perché chi ha avuto il tempo per cambiare e non ha fatto nulla, oggi non può chiedere altro tempo.

Il conto con la città è aperto. E arriverà puntuale.

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