L’inchiesta della DDA di Palermo: svelati legami tra storiche cosche agrigentine e il traffico internazionale di stupefacenti. Primo appuntamento in aula il 15 settembre.
Agrigento – La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per 54 persone coinvolte nella maxi inchiesta che ha decapitato le storiche cosche mafiose di Villaseta e Porto Empedocle, portando alla luce un impressionante sistema criminale fondato su mafia, droga, estorsioni e armi da guerra.
Le indagini, coordinate dalla DDA e condotte dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento guidato dal colonnello Nicola De Tullio e dal vice Vincenzo Bulla, si sono sviluppate in quasi tre anni di attività investigativa, culminando in due grandi operazioni eseguite tra dicembre 2024 e gennaio 2025.
Un sistema mafioso strutturato e armato
Il blitz ha portato all’arresto di oltre cinquanta persone, accusate – a vario titolo – di associazione mafiosa, traffico internazionale di droga, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, danneggiamenti, possesso illegale di armi, riciclaggio di denaro e numerosi episodi di cessione di sostanze stupefacenti.
I militari, durante le perquisizioni, hanno sequestrato un vero e proprio arsenale da guerra: pistole, mitragliatrici, granate. Le armi erano custodite da un netturbino insospettabile, scelto probabilmente proprio per la sua apparente estraneità al contesto criminale.
La nuova cupola di Villaseta e il cartello di Porto Empedocle
Secondo i magistrati, la cosca di Villaseta era guidata da Pietro Capraro, già condannato nell’ambito dell’operazione “Nuova Cupola”. Dopo aver scontato la pena, Capraro avrebbe assunto la leadership del clan, riorganizzando le fila e tessendo nuovi legami con mandamenti palermitani, fino a ritagliarsi un ruolo centrale nelle rotte del narcotraffico.
La cosca di Porto Empedocle, invece, era saldamente nelle mani di Fabrizio Messina, fratello di Gerlandino Messina, ex superlatitante e vice rappresentante provinciale di Cosa nostra.
I due clan, all’inizio, sarebbero stati in conflitto diretto, tra danneggiamenti e intimidazioni che hanno generato un forte allarme sociale. Ma il business della droga avrebbe poi portato a un riavvicinamento strategico.
La droga dai canali sudamericani fino alla Sicilia
Il sistema criminale avrebbe importato ingenti carichi di stupefacenti da canali sudamericani e belgi, con distribuzione capillare nelle province di Agrigento, Palermo, Trapani e Caltanissetta. Al vertice di questa rete, oltre a Fabrizio Messina, gli inquirenti collocano il canicattinese Vincenzo Parla.
Tra i “partecipi” al reato di associazione mafiosa figurano anche Gaetano Licata (braccio destro di Capraro), Gabriele Minio e Guido Vasile, tutti ritenuti affiliati al clan di Villaseta.
Il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è contestato a numerosi altri soggetti: Alfonso e Angelo Tarallo, Angelo Graci, Carmelo Corbo, Ignazio Carapezza, Alfonso Lauricella, e molti altri.
Primo appuntamento in aula il 15 settembre
L’udienza preliminare si terrà il prossimo 15 settembre davanti al giudice Lorenzo Chiaramonte. Sarà l’avvio formale di uno dei più grandi processi per mafia e droga mai istruiti negli ultimi anni in provincia di Agrigento.
L’inchiesta rappresenta una svolta importante nel contrasto alla nuova criminalità organizzata che, seppur riorganizzata in modo più silenzioso rispetto al passato, continua ad avere radici fortissime nel territorio e a controllare affari miliardari.
TUTTI GLI IMPUTATI
Domenico Blando, 68 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 35 anni, di Favara; Pietro Capraro, 40 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 34 anni, di Porto Empedocle; Carmelo Corbo, 47 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 26 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 50 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 36 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 40 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 60 anni, di Palermo; Cristian Gastoni, 32 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 61 anni, di Castrofilippo; Alfonso Lauricella, 59 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 42 anni, di Agrigento; Fabrizio Messina Denaro, 50 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 50 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 37 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 35 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 47 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 54 anni, di Canicattì; Calogero Prinzivalli, 42 anni, di Agrigento; Angelo Tarallo, 45 anni, di Agrigento; Guido Vasile, 66 anni, di Agrigento; Nicolò Vasile, 44 anni, di Agrigento; Rocco Grillo, 33 anni, di Gela; Giuseppe Pasqualino, 34 anni, di Gela; Mirko Salvatore Rapisarda, 43 anni, di Gela; Giuseppe Sottile, 38 anni, di Agrigento; Giuseppe Aliseo, 26 anni, di Canicattì; Calogero Bellaccomo, 40 anni, di Agrigento; Alfonso Brucculeri, 59 anni, di Porto Empedocle; James Burgio, 33 anni, di Porto Empedocle; Giuseppe Casà, 29 anni, di Agrigento; Antonio Crapa, 54 anni, di Favara; Salvatore Damanti, 36 anni, di Agrigento; Valery Di Giorgio, 29 anni, di Agrigento; Stefano Fragapane, 33 anni, di Agrigento; Gioacchino Giorgio, 39 anni, di Licata; Alessandro La Cola,40 anni, di Canicattì; Massimo Lazzaro, 53 anni, di Agrigento; Calogero Morgana, 39 anni, di Agrigento; Giuseppe Nicastro, 36 anni, di Gela; Fabrizio Nicosia, 41 anni, di Gela; Giuseppe Piscopo, 49 anni, di Gela; Antonio Puma, 44 anni, di Agrigento; Stefano Rinallo, 41 anni, di Canicattì; Gerlando Romano, 26 anni, di Agrigento; Antonio Salinitro, 25 anni, di Gela; Rosario Smorta, 53 anni, di Gela; Alessandro Trupia, 36 anni, di Agrigento; Luigi Prinzivalli, 73 anni, di Agrigento; Alessandro Mandracchia, 49 anni, di Agrigento; Salvatore Bosco, 57 anni, di Favara; Salvatore Prestia, 45 anni, di Porto Empedocle.
Report Sicilia seguirà tutte le fasi giudiziarie del procedimento, garantendo trasparenza e attenzione su un’indagine che svela il volto più pericoloso e ramificato della criminalità agrigentina

