Dopo l’ordinanza di demolizione per l’antenna Vodafone a San Leone, emerge un nuovo caso nella stessa area: un’altra compagnia telefonica aveva presentato un progetto analogo su particella diversa ma nella medesima proprietà. La Soprintendenza, grazie alla nostra segnalazione, ha già predisposto il preavviso di diniego.
Non una sola antenna, ma due. E tutte nella stessa proprietà privata a San Leone, seppur su particelle catastali differenti. È questo l’incredibile sviluppo che sta emergendo a pochi giorni dall’ordinanza di demolizione dell’antenna Vodafone, installata in maniera abusiva in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico e culturale. Un provvedimento che – come già documentato da Report Sicilia – è stato emesso dopo la denuncia pubblica di Giuseppe Di Rosa e la nostra inchiesta giornalistica:
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Ora, grazie ai controlli avviati successivamente alla nostra denuncia, la Soprintendenza di Agrigento ha scoperto l’esistenza di una seconda pratica urbanistica, presentata da un’altra compagnia telefonica, sempre per l’installazione di un impianto di telecomunicazione nella medesima area privata, ma riferita a una particella catastale diversa.
Una coincidenza? Un tentativo di aggirare la normativa con richieste multiple? O una vera e propria strategia per occupare l’area con più impianti?
Domande inquietanti, che rafforzano la necessità di vigilanza e trasparenza, soprattutto quando si parla di infrastrutture impattanti su aree sottoposte a tutela paesaggistica.
Quel che è certo è che la Soprintendenza, dopo aver preso atto della nuova richiesta, ha già predisposto un preavviso di diniego al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per il secondo impianto. Una decisione che sembra andare nella direzione della coerenza e della tutela del territorio, ma che ancora una volta arriva solo dopo l’intervento della stampa e della cittadinanza attiva.
Stupisce – e preoccupa – che due richieste di installazione per antenne di telefonia mobile siano state avanzate in un’area sottoposta a vincoli, e che la seconda pratica sia emersa solo in seguito alle pressioni pubbliche. È lecito chiedersi: quanti altri tentativi simili passano inosservati ogni giorno?
Questo nuovo sviluppo evidenzia quanto già segnalato da tempo da Giuseppe Di Rosa e da Report Sicilia: serve un controllo sistemico e coordinato, non solo sui singoli abusi, ma anche su tutte le pratiche simili che rischiano di trasformare San Leone in una giungla di impianti, pedane in cemento e violazioni paesaggistiche.
La battaglia continua. E noi continueremo a vigilare. Perché l’informazione libera, se ben fatta, può ancora fermare gli abusi. Anche quelli seriali.

