Ritagliarsi qualche attimo di silenzio nel cuore della Valle dei Templi, dinanzi al museo archeologico Griffo di Agrigento. Questo uno dei “regali” più belli che l’elezione a Capitale della Cultura ha fatto non solo agli agrigentini, ma anche alle migliaia (!?) di visitatori che vorranno accostarsi a un’opera decisamente “particolare”. Si chiama “Silent room” ed è costata circa 100 mila euro di fondi pubblici. Ben spesi o meno sarò il tempo e il giudizio popolare a dirlo. Come si legge dalle note informative sull”’evento” “partendo dalla convinzione che ciascuno ha diritto al riposo, materiale e mentale, l’artista libanese Nathalie Harb è giunta ad Agrigento e ha trovato la realtà frammentata e multiculturale necessaria per un’ulteriore tappa della sua “Silent Room” che offre uno spazio di rifugio per qualsiasi visitatore che abbia bisogno di riposo”. E in quanto a frammentazione Agrigento non ha eguali. Questo è uno dei progetti chiave (uno dei pochi confermati e giunti in porto fino a oggi) del possente dossier col quale Agrigento convinse la giuria del ministero della Cultura nel marzo del 2023 a nominare Agrigento capitale italica del sapere. Detto del costo dell’iniziativa, “l’idea – si legge nella presentazione del progetto – è quella di concretizzare un punto di incontro urbano, un simbolo di unità per gli abitanti, capace di riconnettere i quartieri e restituire una visione condivisa della città, un’identità collettiva che la particolare stratificazione e frattura Valle dei Templi – centro urbano, ha spesso osteggiato. Ecco dunque come una “silent room” può offrire l’opportunità di un ambiente protetto, dove le differenze sociali e culturali si dissolvono in un gesto di riconciliazione. L’installazione di Nathalie Harb è stata inaugurata martedì scorso e sarà fruibile fino al 15 settembre.
Un’iniziativa dal grande valore simbolico

Altissimo il senso dell’iniziativa: “Il progetto si concentra sull’idea del diritto al riposo e sulla possibilità di dormire in un posto sicuro, protetti da minacce fisiche e psicologiche. L’obiettivo è quello di ricucire le fratture stratificate nei secoli che la città porta con sé, creando un momento di connessione e riflessione. Mentre il progetto iniziava a prendere forma, Nathalie Harb, guidata da personaggi locali, ha incontrato le realtà diverse di Agrigento, frammentate e divise, che spesso vivono realtà così distanti da non poter essere connesse neanche dai trasporti pubblici. Ad Agrigento, la frattura è sia sociale che geologica, creata dalla grande frana del 1966 e dalle migrazioni forzate che ne sono seguite. Queste rotture rispecchiano modelli più ampi di spostamento in tutto il mondo – in particolare in Medio Oriente – con la conseguente lotta costante per trovare riposo. La Silent Room è un semplice rifugio fatto di legno e tessuto imbottito, riparato dall’ombra di una copertura: è il tentativo di ricucire insieme le parti frammentate della Valle con workshop creativi collettivi che si sono tenuti nel difficile quartiere di Villaseta. Qui residenti ed etnomusicologi hanno co-composto una ninna nanna che trova una radice nelle lamentazioni tradizionali e nelle cantilene regionali: ninna nanna che si ascolterà entrando nella Silent Room attraverso un componimento sonoro dell’artista libanese Youmna Saba. Nel centro storico di Agrigento, donne e membri della comunità si sono riuniti in un workshop di tessitura per creare una coperta collettiva, un tessuto di gesti condivisi e memoria comunitaria che accoglierà la struttura circolare. Come un uccello che costruisce il suo nido, la Silent Room sovrappone materiale, conoscenza e identità per nutrire nuove possibilità di cura. Costruendo questo spazio per il riposo, onoriamo coloro che hanno subito sofferenza e ora meritano pace. La Silent Room è un luogo per fermarsi nella Valle, per localizzare se stessi in relazione agli altri, per riflettere sulle origini ed immaginare dove potremmo andare dopo”. Non resta dunque che andare a localizzarsi qualche minuto, per andare a immaginare dove potremo andare dopo esserci svegliati.

