Nel 2025 Agrigento avrebbe dovuto accogliere milioni di turisti. Invece, si registra un crollo oltre il 30% solo a luglio. La colpa? Di chi non ha programmato nulla, bruciando un’occasione storica.

AGRIGENTO – Doveva essere l’anno del riscatto. Doveva essere l’anno di Agrigento Capitale Italiana della Cultura. Doveva essere – parole del sindaco Francesco Miccichè – l’occasione per “lasciare qualcosa di duraturo alla città”.
Invece, è diventato l’anno del disincanto, del crollo del turismo, delle promesse mancate. E la colpa ha un nome e un cognome: Francesco Miccichè e la sua amministrazione.

I dati ufficiali parlano chiaro: nel 2024 il turismo agrigentino ha registrato un -10% rispetto al 2023 (fonte: Regione Siciliana). E secondo le analisi di Report Sicilia, nel primo semestre del 2025 si è aggiunto un ulteriore -10%. Ma è il mese di luglio a confermare il disastro: oltre il -30% di presenze rispetto all’anno precedente. E per agosto si prevede un altro crollo, uno schiaffo morale a chi, come il sindaco, andava in giro per l’Italia a promettere “3 milioni di turisti in più”.

Il vero fallimento: nessuna programmazione

La verità è che Agrigento 2025 è stata gestita con superficialità, senza una vera programmazione, senza investimenti strutturali nei servizi, nel decoro, nella mobilità e nell’accoglienza. I milioni di euro stanziati sono stati bruciati in eventi, consulenze, festeggiamenti e promozione spot, senza lasciare alcuna infrastruttura o miglioramento tangibile alla città.

Nel frattempo, i problemi storici sono rimasti intatti, anzi peggiorati:

  • Emergenza idrica non risolta

  • Marciapiedi dissestati

  • Verde pubblico abbandonato

  • Caos nei trasporti

  • Mancanza di bagni pubblici

  • Nessun piano di accessibilità turistica

E mentre le città che davvero hanno sfruttato il titolo di Capitale della Cultura sono riuscite a reinventarsi, Agrigento è rimasta ferma, immobile, ostaggio di un’amministrazione incapace di guardare oltre il proprio naso.

Dai “detrattori” alla realtà dei fatti

Per anni, chi ha avuto il coraggio di denunciare ritardi, sprechi, scelte discutibili e mancanza di visione è stato bollato da Miccichè come detrattore, polemico, infame. Ma oggi quei “detrattori” si sono rivelati i veri amanti di Agrigento, quelli che avrebbero voluto una città pronta ad accogliere, a stupire, a crescere.

Le promesse pubbliche sono documentate: eventi ogni settimana, trasparenza sui fondi, sinergia con il territorio. Ma a parlare oggi sono i numeri impietosi e una città delusa.
Miccichè, tra i microfoni dell’ANSA, ha persino ammesso che “Agrigento è carente nei servizi urbani, nel decoro e nel verde pubblico”, come se fosse un osservatore esterno, anziché il sindaco che governa da quasi cinque anni.

Ora servono scuse. E risposte.

Il turismo in caduta libera, in pieno anno da Capitale della Cultura, non è un caso. È una responsabilità. E la responsabilità è di chi non ha saputo o voluto programmare, di chi ha preferito l’autocelebrazione alla progettualità, di chi ha risposto con fastidio alle critiche, invece di coglierle come occasione per correggere rotta.

Agrigento ha perso una chance storica. E chi ha governato in questi anni deve assumersi il peso di questo fallimento.
Miccichè chieda scusa agli agrigentini, soprattutto a quei cittadini, giornalisti, attivisti e operatori che con spirito costruttivo avevano lanciato l’allarme già da tempo. E lo faccia pubblicamente, rendendo conto di ogni euro speso, di ogni evento organizzato, di ogni occasione persa.

Agrigento merita di più. E lo merita da chi amministra, non da chi racconta favole ai convegni.

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