Agrigento – Il porticciolo turistico di San Leone è ormai una zona franca, sottratta alla collettività e consegnata – di fatto – a pochi privilegiati. I bracci del molo, le banchine, gli spazi che dovrebbero essere aperti alla libera fruizione pubblica, sono diventati salotti privati per bar, locali, attività commerciali e improvvisate aree relax, dove il cittadino può solo passare… tra un tavolo e una transenna.
Nei giorni scorsi sono state decine le segnalazioni arrivate in redazione: intere famiglie costrette a camminare in mezzo ai clienti dei locali, marciapiedi e bracci invasi da strutture permanenti, transenne ovunque, passaggi ostruiti. Siamo di fronte a un’intera zona occupata, dove non si riesce neppure a passeggiare, figuriamoci a garantire il soccorso in caso di emergenza.
Ma – e qui sta il punto – non sempre si tratta di abusivi. In molti casi le occupazioni sono autorizzate, con atti firmati dagli uffici del Comune o da altri enti, in maniera palesemente illegittima. Il risultato è lo stesso: il cittadino viene cacciato, ma con il timbro della burocrazia.
Chi dovrebbe controllare, invece concede. Chi dovrebbe vigilare sulla legalità diventa complice delle violazioni. Gli stessi amministratori – assessori, dirigenti, il sindaco – che dovrebbero difendere il bene pubblico, autorizzano occupazioni contro ogni norma, spesso in assenza di reali criteri urbanistici, paesaggistici o persino di sicurezza.
Non si tratta più solo di “abusi tollerati”, ma di favori formalizzati, licenze trasformate in privilegi, deroghe date agli amici degli amici. E a farne le spese è sempre e solo il cittadino comune, quello senza “santi in paradiso”, che vorrebbe solo passeggiare in libertà sul proprio lungomare.
A San Leone regna la regola della convenienza politica. Il consenso si compra così: lasciando fare, chiudendo un occhio, e poi magari autorizzando ciò che non si dovrebbe. È un sistema malato, che premia i soliti noti e calpesta il diritto alla città.
In un anno in cui Agrigento è Capitale Italiana della Cultura 2025, l’immagine che offriamo è quella di una città che ha rinunciato alla legalità, che svende il proprio territorio in cambio di applausi e voti.
E allora diciamolo chiaramente: il problema non è solo chi abusa, ma chi permette l’abuso. Chi lo firma. Chi ne trae vantaggio.
Ad Agrigento, le leggi non sono leggi: sono indirizzi politici, spesso disattesi. Nessun organo interviene. Nessuno controlla. È l’isola felice dei furbi e dei malavitosi.

