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Agrigento – Danila Nobile, 43 anni, commercialista di Naro, è la nuova presidente del Consiglio di amministrazione di AICA, la società consortile che gestisce il servizio idrico integrato in provincia di Agrigento. La sua nomina è arrivata (finalmente) a quasi un mese di distanza dalle dimissioni del precedente CdA guidato da Settimio Cantone. Con lei entrano in consiglio anche l’ingegnere Franco Puma, ex dirigente comunale di Racalmuto, e Giovanni Borsellino, di Sciacca, attualmente direttore del gruppo Azione Costiera Flag.Gac.

“Assumo la Presidenza del CdA di AICA con senso profondo di responsabilità e ringrazio sinceramente i Sindaci per la fiducia e la stima che mi è stata accordata. […] So bene che il contesto è complesso: la situazione economico-finanziaria dell’azienda richiede risposte urgenti, efficaci, e soprattutto credibili”, ha dichiarato Nobile.

Una dichiarazione appassionata, quella rilasciata a Grandangolo, che però arriva in un momento di crisi nerissima per l’azienda: AICA è tecnicamente al collasso.


AICA, il disastro annunciato

Solo qualche giorno fa, Report Sicilia documentava lo stato comatoso delle finanze aziendali. AICA ha pagato ai propri dipendenti soltanto una parte della 14esima e dello stipendio di luglio, riuscendo nei fatti a coprire appena una mensilità. Il motivo? Mancano le risorse.

Secondo dati aggiornati a gennaio scorso, 18 milioni di euro sono i crediti non riscossi dai cittadini, 12 milioni quelli non pagati dai Comuni (tra bollette e quote consortili), a cui si aggiungono i milioni pretesi da Siciliacque tramite procedura esecutiva, ancora contestata da AICA.

Una voragine finanziaria che non può più essere ignorata, e che la Consulta delle Associazioni – in un recente documento ufficiale – ha definito come un “disastro gestionale e contabile”, certificando di fatto quanto Report Sicilia aveva previsto con mesi di anticipo: se non si cambia rotta, il fallimento è dietro l’angolo.


Un incarico prestigioso, o una trappola?

Il clima con cui si è arrivati alla nomina del nuovo CdA è tutt’altro che sereno. I sindaci – dopo settimane di contrattazioni, rinvii e retroscena – hanno “trovato la quadra”. Ma viene da chiedersi: i nuovi membri del CdA hanno davvero capito in che guaio si sono andati a cacciare?

Nel loro entusiasmo – forse alimentato dalla percezione di prestigio che può derivare da una nomina pubblica – sembrano non aver fatto i conti con una realtà ingovernabile, in cui la cassa è vuota, i debiti schiacciano e la fiducia della cittadinanza è ai minimi storici.

Il nuovo presidente dell’Assemblea dei Sindaci, Salvatore Di Bernardo (sindaco di San Biagio Platani, eletto all’unanimità), ha dichiarato:

“Finalmente abbiamo trovato una quadra. Da domani andremo avanti per portare un po’ di aria fresca ad Aica […] L’acqua è un bene primario, e dobbiamo cercare di abbattere questa crisi”.

Ma l’aria fresca – oggi – è fatta di numeri rossi, dipendenti senza stipendio e bollette che non si riescono più a emettere con regolarità. AICA rischia non solo la paralisi amministrativa, ma anche quella operativa. Le bollette restano impagate, i guasti non vengono riparati, la sfiducia dilaga.


Una donna al timone, ma con quale equipaggio?

Danila Nobile porta con sé una solida esperienza tecnica, maturata in ambito pubblico e privato, e un curriculum di tutto rispetto, con competenze in contabilità pubblica, organizzazione aziendale, assistenza tecnica agli enti e progetti europei. Ha anche esperienze nel settore idrico integrato. Ma da sola non potrà fare miracoli.

La crisi di AICA non si risolve con le parole né con buone intenzioni. Servono scelte forti, immediate e trasparenti, a partire dal recupero crediti verso gli stessi soci (cioè i Comuni), dal chiarimento dei conti con Siciliacque, e dalla ricostruzione di una fiducia istituzionale ormai compromessa.


Ultima fermata: fallimento?

Non vogliamo essere malauguranti, ma il rischio concreto è che questo nuovo CdA finisca per accompagnare AICA verso il fallimento definitivo. Sarebbe una tragedia per i lavoratori, per i cittadini che già oggi vivono disagi intollerabili nel servizio idrico, e per un territorio che avrebbe meritato ben altro.

Agrigento, Capitale della Cultura 2025, non può permettersi una gestione dell’acqua indegna del suo nome.

Il tempo delle parole è finito. Adesso servono fatti, rigore, legalità e coraggio.


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