Agrigento – Si è insediato ufficialmente questa mattina, presso la sede di AICA in contrada San Benedetto, il nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Azienda Idrica Comuni Agrigentini. A presiederlo è Danila Nobile, affiancata da Giovanni Borsellino (nominato vicepresidente) e Franco Puma. Presenti anche il direttore generale Claudio Guarneri e il presidente dell’Assemblea dei Sindaci, Salvatore Di Bennardo.
L’insediamento avviene in uno dei momenti più delicati per l’azienda pubblica, schiacciata da debiti, decreti ingiuntivi, conti pignorati e una crisi strutturale documentata da atti ufficiali. Eppure, il clima celebrativo e le rassicurazioni pubbliche sembrano scollegate dalla realtà.
La Consulta: “AICA verso la bancarotta, i Sindaci responsabili del fallimento”
A mettere nero su bianco la gravità della situazione è stata proprio la Consulta delle associazioni di AICA, in un durissimo documento inviato il 16 luglio scorso ad ARERA, alla Corte dei Conti, alla Regione Siciliana, al Prefetto di Agrigento e a tutti i Sindaci soci. Il testo denuncia una gestione fallimentare protratta per anni, e parla apertamente di: CRITICITA’ AICA- CONSULTA 16-7-25
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disservizi gravi e mancati introiti per milioni di euro;
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dati manipolati o assenti, bilanci approvati in ritardo senza reale controllo;
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assenza di una tariffa unica d’ambito e piani industriali;
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furti d’acqua non contrastati e gestione del personale opaca;
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mancato trasferimento delle risorse dai Comuni salvaguardati e dai Consorzi Voltano e Tre Sorgenti.
Una lunga lista di anomalie che ha portato la Consulta a lanciare un allarme esplicito: “La somma di tutti i fattori di rischio comporta un progressivo scivolamento verso la bancarotta”.
Nobile rassicura: “Tutto sotto controllo”, ma Siciliacque pignora i conti
Nel giorno dell’insediamento, tuttavia, la presidente Danila Nobile si è mostrata serena: «Siamo abituati a lavorare con fermezza. Gli agrigentini scoprano che ridaremo loro un servizio pubblico come si deve» ha dichiarato a Grandangolo.
Peccato che poche ore dopo si sia avuta conferma di un nuovo atto di pignoramento notificato da Siciliacque, a causa dei debiti pregressi. Secondo fonti interne, questa volta l’atto non coinvolgerebbe direttamente i Comuni, ma è la seconda procedura di questo tipo in pochi mesi. Già in passato, i conti erano stati bloccati e sbloccati solo a seguito di trattative per la sospensione dei decreti ingiuntivi.
La presidente ha commentato così: «La situazione è sotto controllo. Abbiamo attivato tavoli istituzionali per tutelare il servizio idrico e il funzionamento dell’Azienda». Ma quale situazione sarebbe sotto controllo? – si chiedono in molti – se i conti sono pignorati, i bilanci non sono stati approvati e la Consulta parla apertamente di bancarotta imminente?
Dubbi sui requisiti del CdA: due terzi non avrebbero i titoli richiesti
Altra questione esplosiva riguarda la legittimità della nomina del nuovo CdA. Dopo l’avviso pubblico lanciato dall’Assemblea dei Sindaci per selezionare i componenti, almeno due soggetti che non hanno partecipato al bando ci hanno segnalato di essersi astenuti perché non in possesso del requisito fondamentale richiesto: almeno 5 anni di esperienza negli ultimi 10 in incarichi di amministrazione o dirigenza apicale in enti pubblici o pubblica amministrazione.
Analizzando i curriculum oggi noti, sembrerebbe che 2 dei 3 membri del nuovo CdA non siano in possesso di tale requisito. Se così fosse, si configurerebbe una grave violazione dell’avviso emanato dagli stessi Sindaci, con possibili conseguenze legali e amministrative.
Se le nomine fossero risultate viziati da profili di illegittimità, si renderebbe necessario l’annullamento dell’atto e la riapertura della procedura, anche perché è in gioco la credibilità dell’intera governance pubblica dell’acqua.
Conclusioni: Sindaci avvisati, Prefetto in attesa
Il nostro giornale si unisce alla richiesta già avanzata: l’Assemblea dei Sindaci chiarisca immediatamente se i nuovi componenti del CdA sono realmente in possesso dei requisiti previsti dall’avviso pubblico. In assenza di risposte, non si esclude un ricorso formale al Prefetto di Agrigento, affinché venga ripristinato il rispetto della legalità.
Perché le leggi valgono anche ad Agrigento, e l’acqua non può essere amministrata come se fosse un bancomat pubblico.

