Due milioni di euro di debiti, conti pignorati, rischio paralisi dei servizi e un futuro incerto per la gestione pubblica dell’acqua nella provincia di Agrigento. Dietro la crisi finanziaria di AICA si cela qualcosa di più profondo di una semplice cattiva amministrazione: si tratta di una miscela esplosiva di incapacità gestionale, opacità politica e – forse – un disegno preordinato per aprire la strada ai privati.

È quanto emerge dalla lettera aperta firmata dai consiglieri comunali di Sciacca Raimondo Brucculeri e Maurizio Blò, un documento che va letto con attenzione perché sintetizza in modo lucido due possibili scenari inquietanti, entrambi devastanti per il futuro del servizio idrico in provincia.


Tesi 1: Incapacità gestionale e governance fallimentare

Secondo la visione più “ufficiale”, la crisi AICA sarebbe il prodotto naturale di anni di mala gestione. Tre i punti fondamentali:

  • Mancata riscossione dei crediti: milioni di euro non incassati dai Comuni soci, che hanno lasciato AICA a corto di liquidità.

  • Servizi inefficienti: perdite idriche, abusivismo mai combattuto, investimenti strategici assenti.

  • CDA inadeguato: nominato secondo logiche politiche, non in base a competenze tecniche e gestionali.

Un’azienda lasciata alla deriva da dirigenti privi di visione, con una governance più preoccupata di occupare poltrone che di salvare l’acqua pubblica.


Tesi 2: Piano preordinato per la privatizzazione

L’altra ipotesi, ben più inquietante, non esclude le inefficienze, ma le interpreta come strumenti consapevoli per far crollare il sistema.

  • Un collasso pilotato: la morosità dei Comuni non viene contrastata proprio per far fallire AICA e giustificare il ritorno ai privati.

  • Pressioni esterne: come il recente pignoramento di Siciliacque, che appare più come un colpo di grazia orchestrato, che una casualità.

  • Interessi privati in agguato: il settore dell’acqua è troppo redditizio per non fare gola. E alcune inchieste giudiziarie sugli appalti hanno già sollevato il velo su una rete di relazioni opache tra politica, affari e gestione pubblica.


La verità sta nel mezzo?

I consiglieri di Sciacca non escludono che entrambe le tesi siano vere, e che proprio l’ambiguità tra incapacità e strategia sia l’arma più potente per portare AICA verso la resa.

In un contesto in cui nessuno si assume responsabilità, dove i Comuni soci si dichiarano vittime ma sono anche carnefici, e dove la politica usa AICA come merce di scambio, la vera domanda resta: l’acqua resterà un bene pubblico o diventerà un affare privato?


Una chiamata alla mobilitazione dei cittadini

Chiunque creda ancora nella gestione pubblica dell’acqua deve agire adesso. Perché un disastro annunciato non è mai solo colpa del destino: è il frutto di scelte precise, di silenzi, di complicità.

Report Sicilia continuerà a raccontare questa storia. Con nomi, cifre e documenti. Perché l’acqua è vita. E la vita non si svende.

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