Il Corriere della Sera stronca il progetto: “12 milioni spesi, pochi turisti, zero sponsor. Indaga la Corte dei conti”
Un vero e proprio atto d’accusa, quello pubblicato oggi a tutta pagina dal Corriere della Sera con la firma autorevole di Gian Antonio Stella. Il titolo parla chiaro: “Il grande spreco (pubblico) della Capitale della Cultura: 12 milioni e pochi turisti”. Un colpo durissimo per Agrigento e per la narrazione trionfalistica dell’amministrazione comunale e regionale che, da oltre un anno, canta le lodi di un evento che – secondo Stella – si sta rivelando “un boomerang”.
Uno scenario imbarazzante
Il prestigioso quotidiano nazionale fa a pezzi l’intero impianto organizzativo e comunicativo di Agrigento Capitale della Cultura 2025, denunciando una gestione caotica, clientelare e sprecona, che ha prodotto pochi risultati tangibili e numerosi scandali.
Le cifre sono impietose: oltre 11,8 milioni di euro spesi – precisa la denuncia dell’archeologa Caterina Greco – “senza sponsor, perché nessuno ha ritenuto di ‘metterci la faccia’ in un’operazione già irrimediabilmente compromessa”.
Il paragone con Pesaro 2024 è devastante: con appena 6,18 milioni, metà pubblici e metà privati, la città marchigiana ha organizzato 2.683 eventi e ospitato 2.210 artisti da 30 Paesi del mondo. Ad Agrigento? Solo eventi spot, mostre mal pubblicizzate e un costante calo dei visitatori. Secondo Federalberghi, “mancano gli italiani, il turismo si è fermato”.
Eventi costosi, risultati discutibili
Il Corriere smonta anche il tanto celebrato concerto del 7 luglio nella Valle dei Templi con Riccardo Muti: uno spettacolo musicalmente impeccabile ma economicamente assurdo. Il conto? Oltre 650 mila euro, con spese sconcertanti: voli più cari di un Roma-Pechino, agenzie turistiche improvvisate, 139.000 euro per “produzione audio-video”, e 144.000 euro per “produzione tecnica”. Tutto, mentre la Corte dei Conti ha aperto un’inchiesta sui costi.
E non è finita: 1.260.000 euro per un concerto natalizio estivo de Il Volo, in pieno agosto, sotto il sole cocente. Il pubblico? In cappotto e piumino. La promozione? Un cartellone con errori ortografici, piazzato sulla “Strada degli scrittori”.
Intanto i turisti non arrivano, e la promessa di “tre milioni di visitatori” è svanita nel nulla. “Speriamo in un colpo di coda in autunno” – sospira un amareggiato Francesco Picarella di Federalberghi – ma il danno d’immagine è fatto.
La lista degli scandali
L’articolo elenca una sequenza surreale di problemi:
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Il Teatro Pirandello allagato durante una prova jazz, pochi giorni prima della visita del Presidente Mattarella;
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Palazzo Tomasi, sede della Fondazione Agrigento Capitale, ancora privo di luce, acqua e telefono;
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L’ospedale storico crollato a maggio durante scavi non autorizzati;
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L’evacuazione del liceo Politi e dell’istituto Fermi per rischio crollo;
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Il Viadotto Morandi, chiuso da anni, con riapertura prevista non prima del 2027.
A tutto ciò si aggiunge l’emergenza idrica, con le promesse della Regione: 96 milioni di euro per nuovi dissalatori, di cui uno proprio ad Agrigento. Promesse già sentite: si tratta dello stesso dissalatore che nel 2012 fu smantellato perché “troppo costoso”. Oggi, a Porto Empedocle, il vecchio impianto giace tra le erbacce. E nel frattempo, i cittadini cercano tombini con il metal detector per trovare l’acqua.
L’installazione da 151 mila euro: la ciliegina sulla torta
L’articolo si chiude con un esempio che ha fatto il giro del web: l’opera “concettuale” The Silent Room dell’artista franco-libanese Nathalie Harb. Una tenda in tela, con due cuscini e un materasso circolare, installata nella Valle dei Templi per “esplorare il diritto al riposo”. Il tutto per 151.321 euro.
Un’opera che in qualsiasi contesto normale avrebbe suscitato polemiche. Ad Agrigento è diventata il simbolo di uno sperpero istituzionalizzato, mentre “in Sicilia si lamenta di non avere i piccioli per lo sfalcio dei siti archeologici”.
Il contesto politico: tra intercettazioni e favoritismi
Nel mirino anche la gestione politica: Stella evoca le “intercettazioni nei dintorni del presidente dell’ARS Gaetano Galvagno” e ricorda la frase della portavoce Sabrina De Capitani: “Se abbiamo il controllo, possiamo fare quello che vogliamo”. Una dichiarazione che riassume il senso dell’intera vicenda: non cultura per la città, ma gestione clientelare del potere e dei fondi pubblici.
A differenza di Sciacca, che ha chiarito di non aver ricevuto nemmeno un euro per la mostra su Caravaggio, Agrigento ha beneficiato di milioni — senza però restituire nulla alla città.
Conclusione: il fallimento è sotto gli occhi di tutti
Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, nata con l’ambizione di riscatto, si sta trasformando nella più clamorosa occasione persa degli ultimi decenni.
Oggi lo scrive uno dei più importanti giornalisti italiani. Ma lo dice da tempo anche la città, quella vera, quella che ogni giorno vive tra cantieri abbandonati, fontane a secco, palazzi che crollano, scuole evacuate, viadotti chiusi e zero ritorno economico.
Questa non è cultura. Questa è la fotografia impietosa del fallimento di un intero sistema.


