Miccichè a Roma nel 2024: “Agrigento è una città con scarsi servizi, poco decoro e un centro storico quasi abbandonato”
Ecco perché il progetto era fallito ancora prima di iniziare

Capitale-italiana-della-cultura.-Esperienze-e-racconti (il libro che racconta delle capitali della cultura)

Capitale-italiana-della-cultura.-Esperienze-e-racconti pagine 25 e 26 (le pagine dedicate ad agrigento ed alla dichiarazione del sindaco miccichè)

Nel 2024, quando ancora Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 era solo un progetto sulla carta, il sindaco Francesco Miccichè è stato chiamato a presentare la candidatura della città a Roma, durante l’audizione della commissione nazionale. E proprio in quella sede, il primo cittadino ha scelto di descrivere la città che rappresenta non come una perla del Mediterraneo, ma come un luogo in rovina, con “scarsi servizi, poco decoro e un centro storico quasi abbandonato”.

Un’affermazione incisa nero su bianco nel volume ufficiale del Ministero della Cultura “Capitale Italiana della Cultura – Esperienze e racconti”, stampato a fine 2024. Ed è da queste parole che emerge un fatto innegabile: a screditare Agrigento davanti alla giuria nazionale non è stata la stampa locale, non sono stati i critici o i detrattori, ma il suo stesso sindaco.

Il fallimento era già scritto: il sindaco ha distrutto l’immagine della città per “venderla” come caso sociale

Nel tentativo di “giocare la carta dell’umiltà”, Miccichè ha dipinto un quadro desolante della città dei Templi, raccontando un turismo mordi-e-fuggi, un centro storico abbandonato, una totale assenza di servizi. Un’autodenuncia politica travestita da strategia culturale, che però si è rivelata un boomerang.

Se l’obiettivo era quello di stimolare investimenti e attenzione, il risultato è stato diametralmente opposto: il marchio “Capitale della Cultura” è stato appiccicato a una città che lo stesso primo cittadino ha definito indecorosa, disorganizzata, mal servita e incapace di valorizzarsi.

Dossier con promesse mai mantenute: dove sono i comuni coinvolti?

Miccichè, nel dossier, parlava anche di una visione “inclusiva e territoriale”, dicendo testualmente:

“Le prime parole del dossier che abbiamo presentato per questa edizione sono: Agrigento, l’isola di Lampedusa e l’intera provincia, prefigurando un progetto che completa la proposta del patrimonio culturale agrigentino con quello della provincia”.

Ma la realtà, oggi, è ben diversa. Nessun comune è stato realmente coinvolto. Lo dimostra chiaramente il caso Sciacca, che inizialmente aveva proposto la mostra “Caravaggio tra l’oscurità e la luce” come evento ufficiale del programma, ma si è vista costretta a sfilarsi per le lungaggini e l’ostruzionismo burocratico della Fondazione Agrigento 2025.

Risultato? La mostra è stata realizzata interamente senza fondi pubblici, grazie all’investimento diretto delle società Mediterranea e Navigare, e con il solo patrocinio gratuito di Regione, Comune e Libero Consorzio.

“Abbiamo fatto tutto da soli”, hanno dichiarato gli organizzatori. E il sindaco di Sciacca, Fabio Termine, era lì a testimoniarlo insieme a tutta la giunta, in una conferenza stampa simbolo di autonomia e orgoglio.

Dal Museo di città al verde pubblico: le promesse non mantenute

Nel suo intervento a Roma, Miccichè prometteva anche:

  • la realizzazione del Museo di città con il FAI (mai aperto),

  • il coinvolgimento dell’intera provincia (inesistente),

  • il miglioramento di servizi, strade, verde pubblico e decoro urbano (tutti rimasti nel degrado più assoluto).

A distanza di mesi, la città è sempre più sporca, disordinata, e ferma agli annunci. E mentre le risorse pubbliche si bruciavano in concerti, mostre concettuali e installazioni da oltre 150 mila euro, nessuno dei problemi strutturali di Agrigento è stato affrontato.

Conclusione: quando la verità viene a galla

Chi ha detto che Agrigento era una città invivibile, priva di servizi e senza attrattiva? Il sindaco Francesco Miccichè, davanti alla commissione che avrebbe dovuto premiare il valore culturale e il potenziale turistico della città.

Chi ha promesso il coinvolgimento della provincia? Lo stesso sindaco.
Chi ha disatteso ogni impegno? Ancora lui.

La verità è sotto gli occhi di tutti: la Capitale della Cultura si è trasformata in una farsa annunciata, e il principale promotore della sfiducia nella città è stato proprio chi doveva guidarla con orgoglio. Altro che promozione del territorio: questa è stata una svendita dell’identità agrigentina.

Autore