L’artista e professionista agrigentino pubblica una lettera aperta al Procuratore della Repubblica. Accuse durissime contro l’omertà, il clientelismo e l’esclusione culturale nella Capitale della Cultura 2025.

Agrigento – Una lunga, amara, accorata lettera. Una denuncia pubblica che è un atto d’accusa a cuore aperto. A scriverla è Giò Di Falco, per molti “Giugiù”, professionista dello spettacolo, artista, figura culturale che da oltre quarant’anni vive e denuncia le distorsioni di una città che – a suo dire – ha trasformato la cultura in arma di esclusione.

La lettera, indirizzata al Procuratore della Repubblica, ma anche alla “stampa non collusa” e a “falsi amici e veri nemici”, è un grido potente, durissimo, che racconta quella che definisce una vera e propria “condanna a morte civile”. Un testo che lascia poco spazio alle interpretazioni e che riportiamo integralmente di seguito.


Lettera aperta di Giò Di Falco

Egregio Procuratore della Repubblica,
miei falsi amici e nemici, stampa non collusa:

vi voglio parlare di un reato gravissimo che usano ad Agrigento i colletti bianchi con la coscienza sporca: la Condanna a Morte Civile. Reato al pari dell’omicidio.

Quarant’anni, adesso basta!

L’isolamento del mio nome e la proibizione a nominarlo, da parte di stupidi parvenu in giacca e cravatta e di chi, senza titolo, mangia nella Capitale della Cultura 2025, è stato completato.

Qualche gruppo politico e lobbistico mi osteggia da 35 anni nello spettacolo, mi ha perseguitato, fatto perdere soldi e lavori, e rovinato vita e famiglia per sempre fino a costringermi a lasciare la città.

Signor Procuratore, COME SI CHIAMA QUESTO COMPORTAMENTO?

Dopo aver evidenziato e denunciato opacità al Teatro Pirandello e ricevuto una diffida a dir poco “anomala”, più simile a una minaccia, da un CDA che avevo ritenuto in parte discutibile per palesi conflitti di interessi, è iniziata la caccia a Joe.

Da mesi denuncio un sistema di spartizione anomalo e clientelare che ha sperperato 12 milioni di euro di soldi pubblici nel nome di #agrigentocapitaledellacultura. Per questo, sono stato allontanato ancora una volta: due anni fa dal teatro e adesso da chi gestisce in maniera clientelare gli spettacoli e la cultura ad Agrigento.

Sono morto, come in una sorta di mafia bianca.

A tutt’oggi questa gente non solo rimane impunita ma anche premiata politicamente.

Ed è proprio la gente colpevole che io innocentemente ho difeso, a voltarmi le spalle perché è seduta al banchetto della rapina.
GIO DEVE ESSERE UN FANTASMA.

Siete quelli che si sono seduti al tavolo, a mangiare grazie a manifestazioni e accordi sporchi, nessuna categoria esclusa. L’avete fatto perché avete venduto la mia amicizia per soldi, sparendo e restando in silenzio.

Anzi, sono stato anche duramente attaccato ed offeso da gente che in un Paese civile sarebbe in galera, non sui social.

Ma la cosa più grave di tutta questa storia, mi rivolgo a Lei, Procuratore, è che ad Agrigento esiste un ordine ben preciso: il mio nome – IL NOME DI GIO DI FALCO – non deve essere più nominato, e chiunque abbia avuto a che fare con me è sparito. Pare ci sia un ordine ben preciso.

È Mafia o altro?

Questo non è solo un ricatto lavorativo, ma è una forma CRIMINALE di esercitare il potere sul popolo.

C’è la volontà di un gruppo di potere che, con cinismo ed avidità, decide chi deve vivere e chi deve morire di fame. Somiglia molto alle associazioni per delinquere.

E il vostro silenzio, amici e nemici, nessuna categoria esclusa, è la prova che siete piegati a questo ricatto meschino.

QUI SI FANNO FUORI LE PERSONE SCOMODE, SIGNOR PROCURATORE.

La mia è una condanna ferma a questa omertà che da sempre soffoca la città.

Chi mi ha voltato le spalle e controlla i miei movimenti non è un complice, ma un membro a tutti gli effetti di questa banda.

Molti sono stati definiti detrattori e chi ha usato questi termini dovrebbe stare zitto, perché ha più scheletri nell’armadio di un cimitero.

E NON SARÀ QUESTO ISOLAMENTO A FERMARMI.

ABBIAMO 40 ANNI DI CONTI DA FARE E PRETENDO PURE GLI INTERESSI.

Vengo perseguitato anche al nord.

E a chi ancora pensa di prendermi in giro, con telefonate mirate a conoscere eventuali mie scoperte, voglio dire di rassegnarsi che so tutto ma non saranno loro a sapere.

Il mio ultimo post ha avuto 5300 visualizzazioni in un giorno e mi è arrivata voce che è in visione in importanti uffici stampa non agrigentini.

La gente è stanca, mi scrive, fa nomi e cognomi.

È FINITA! LA MAGISTRATURA FARÀ LE SUE INDAGINI.

NON POTETE PASSARLA LISCIA ANCORA UNA VOLTA.

IO NON MI FERMO SE NON VI VEDO IN GALERA.

Vi sentite la Agrigento bene ma voi siete la parte marcia della città.

CHE LO STATO FERMI QUESTO SCHIFO.

Nel frattempo è meglio che vada in vacanza.

Giò Giò.


Una lettera che fa rumore.
La denuncia di Giò Di Falco è tanto personale quanto politica. Mette a nudo il volto oscuro della “Capitale della Cultura”, denunciando un sistema di esclusione, favoritismi e repressione delle voci libere. Chi risponderà? Le sue parole sono ormai pubbliche. Ora la città, le istituzioni e la magistratura sono chiamate a non voltarsi dall’altra parte.

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