Agrigento – Dopo giorni di silenzio, la presidente del CdA di AICA, Danila Nobile, ha rotto gli indugi con un lungo comunicato in cui illustra interventi futuri, rivendica meriti e annuncia una “nuova stagione per l’acqua pubblica” in provincia di Agrigento. Tutto bello, tutto emozionante, quasi fiabesco. Peccato che la realtà – quella vera – sia un’altra. Una realtà fatta di conti pignorati, debiti con Siciliacque, stipendi a rischio, irregolarità nella composizione del CdA e soprattutto una valanga di domande a cui nessuno ha mai risposto, nemmeno la neo-presidente.
Le domande della Consulta? Ancora senza risposta
La Consulta dei Sindaci dell’ATI idrico, con nota formale già protocollata il 16 luglio 2025, ha posto una serie di precise domande sulla legittimità degli atti amministrativi, sulla solidità finanziaria della società e sulla regolarità dei componenti del nuovo CdA. Nessuna di queste ha trovato risposta nel comunicato trionfalistico della presidente Nobile. Eppure, sarebbe bastato poco: dire chi ha i requisiti, chi no; dire quanti sono i debiti attualmente in pancia all’azienda; dire, senza giri di parole, quanto è stata utile o disastrosa la gestione precedente.
Invece, il documento ufficiale firmato dalla presidente sembra una favola scritta per bambini, in cui tutto va bene, tutti lavorano in armonia, e il futuro è luminoso. Ma fuori dalla favola, ci sono i cittadini che aspettano l’acqua e i creditori che bussano alle banche.
Il pignoramento dei conti: il grande assente nel comunicato
Non una parola, nel documento AICA del 7 agosto, sul pignoramento dei conti correnti da parte di Siciliacque. Non una riga sull’impossibilità attuale di fare fronte alle spese correnti, sugli stipendi che rischiano di non essere pagati, sulle fatture bloccate. In una normale gestione aziendale, questi sarebbero i temi principali di qualunque comunicazione pubblica. Ma qui si preferisce parlare di “fiducia, passione e visione operativa”.
Una domanda per la presidente: è tutta colpa del vecchio CdA?
Leggendo il comunicato, una sensazione emerge chiara: il disastro finanziario e operativo di AICA viene dato per scontato, come se fosse colpa di chi c’era prima, ma senza mai dirlo esplicitamente. Allora una domanda, quando sarà possibile, gliela porremo direttamente:
“Presidente, preso atto che non avete voluto rispondere del fatto che nel consiglio direttivo siedono persone che non hanno i requisiti richiesti, ci dica: ma lei sta dicendo agli agrigentini che la colpa del disastro prodotto da AICA era del vecchio CdA? Da quello che scrive, non sembra che lei abbia alcun dubbio.”
E se davvero la colpa è di chi l’ha preceduta, perché oggi non viene detto con chiarezza, nomi e numeri alla mano? Perché non si avvia un’azione di responsabilità?
Agrigento non ha bisogno di narrazioni, ma di verità
AICA non è una favola da raccontare in un auditorium. È una azienda pubblica in piena crisi, nata dalla volontà dei sindaci agrigentini, che oggi sembrano incapaci di esercitare un vero controllo. I cittadini chiedono acqua, trasparenza e onestà. La politica, da anni, promette “una gestione pubblica seria”. Ma la gestione pubblica è seria solo se risponde alle domande, affronta le crisi e chiarisce le responsabilità.
E allora, finiamola con le dichiarazioni emozionali e iniziamo a dire le cose come stanno. Perché a raccontare favole, cara presidente, siamo bravi tutti. A governare una crisi, un po’ meno.

