Il progetto Akrabike è costato 232.175 euro, IVA compresa. Un investimento pubblico che non ha mai realmente funzionato e che oggi resta un simbolo del fallimento amministrativo.
Un progetto nato male e finito peggio
Era il luglio del 2023 quando il sindaco Franco Miccichè e l’assessore Gerlando Principato si fecero immortalare in sella alle biciclette elettriche in occasione dell’inaugurazione del bike sharing cittadino. Un servizio che, tra proclami e sorrisi, durò meno di un anno.
Oggi, dopo mesi di mezze verità, il question time in Consiglio comunale ha fatto chiarezza: il servizio è stato definitivamente archiviato. L’assessore Principato, incalzato dalle domande dei consiglieri di opposizione, ha parlato di errori di progettazione, di atti vandalici e di problemi di gestione, provando a spostare le responsabilità su fattori esterni.
Eppure, i fatti restano: oltre 230 mila euro di soldi pubblici bruciati senza che il servizio sia mai partito davvero.
La spesa reale: cosa dice la determina Provvedimenti_Provvedimenti_organi_indirizzo_politico_0211189_2021_000
Il progetto non è costato 270 mila euro come inizialmente si era detto, ma 232.175,00 euro IVA compresa, come certifica la determina comunale n. 211189/2021.
Il quadro economico parla chiaro:
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Forniture (bici, stazioni, software, totem, videosorveglianza): € 187.012,40
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Somme a disposizione dell’Amministrazione (IVA inclusa): € 45.162,60
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di cui circa 41.962,60 euro destinati esclusivamente all’IVA al 22%
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Totale complessivo: € 232.175,00
Le contraddizioni del Comune
Nel gennaio 2024, la sospensione del servizio venne presentata come “temporanea” per “proteggere le infrastrutture durante l’inverno”. Oggi, invece, emerge che i problemi erano ben altri: progettazione sbagliata e incapacità gestionale.
Le 40 biciclette disponibili, distribuite in sole 4 stazioni di ricarica, rendevano il servizio poco praticabile. A ciò si sono aggiunti episodi di vandalismo che l’amministrazione non ha saputo prevenire né contrastare.
E allora sorge spontanea una domanda: se il progetto era sbagliato, perché l’amministrazione lo ha portato avanti lo stesso, spendendo soldi pubblici?
Il caso del bike sharing ricorda molto da vicino quello del parcheggio ex Saiseb di via Manzoni, costato circa 600 mila euro: anche lì un progetto definito inadeguato, ma comunque portato a termine.
Vale la pena ricordare all’assessore Principato che il fatto che questi progetti siano stati trovati già finanziati non autorizza nessuno a spendere fondi pubblici per realizzare opere giudicate sbagliate. Anzi, continuare a farlo equivale ad ammettere una colpa politica e amministrativa.
Per questo motivo appare ormai inevitabile che della vicenda si occupi la Corte dei Conti, per accertare eventuali responsabilità erariali.
La battaglia di Report Sicilia
Già nel 2021, Giuseppe Di Rosa – allora in veste di Codacons – aveva denunciato la fragilità del progetto e i costi sproporzionati rispetto ai benefici attesi.
Dal 2024, con Report Sicilia, sono stati pubblicati diversi articoli che hanno documentato il progressivo fallimento del bike sharing e, pochi giorni fa, lo stesso giornale ha svelato anche dove erano state nascoste le biciclette inutilizzate.
Una battaglia per la trasparenza che oggi trova conferma: il flop era annunciato, e l’amministrazione non ha voluto ascoltare.
Question time: maggioranza assente, opposizione all’attacco
La discussione in Consiglio comunale ha visto ancora una volta l’assenza del sindaco e di gran parte della giunta, lasciando l’assessore Principato a difendere l’indifendibile.
Dall’opposizione sono arrivate critiche durissime: è stato ricordato che nel gennaio 2024 la sospensione era stata mascherata come “pausa invernale”, mentre oggi si parla di errori progettuali e vandalismi. Una versione che contraddice clamorosamente le note ufficiali diffuse appena un anno fa.
Di chi è la colpa?
La vicenda apre ora una riflessione inevitabile: chi risponderà per l’uso inefficace di 232 mila euro di soldi pubblici? È legittimo chiedersi se la Corte dei Conti dovrà valutare eventuali responsabilità erariali, visto che il servizio non ha mai raggiunto l’obiettivo per cui era stato finanziato.
L’amministrazione prova a scaricare la responsabilità sui vandali e sulle condizioni “ambientali”. Ma la verità è che i danni veri li ha fatti la superficialità politica e gestionale di chi governa Agrigento da cinque anni.
E allora la domanda resta sempre la stessa: di chi è la colpa?

