La nomina di Annalisa Tardino a commissario dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale fa esplodere una crisi politico-istituzionale: accuse di illegittimità e rottura coi poteri regionali.


Un braccio di ferro istituzionale: Schifani sfida Roma

Il Governo siciliano, guidato da Renato Schifani, reagisce con forza alla designazione di Annalisa Tardino da parte del ministro Matteo Salvini: si annuncia ricorso al TAR e richiesta di sospensione cautelare del provvedimento. I motivi? “Totale assenza di concertazione con la Regione siciliana” e presunti deficit nei requisiti soggettivi richiesti dalla normativa per rivestire il ruolo di commissario straordinario.

Le accuse: violazione del principio di leale collaborazione

Palazzo d’Orléans punta il dito contro Roma, denunciando la mancanza di un’intesa preventiva, tappa obbligata per rispettare il principio di leale collaborazione tra istituzioni regionali e centrali. Questo margine istituzionale ignorato rischia di innescare un contenzioso senza precedenti.

Chi è Annalisa Tardino: scelte e contraddizioni

Tardino, avvocatessa originaria di Licata ed ex eurodeputata della Lega, è stata scelta per dirigere i porti di Palermo, Termini Imerese, Trapani, Porto Empedocle, Licata e Gela. Insieme al ringraziamento al ministro Salvini, ha esaltato il gesto come un superamento del “soffitto di cristallo” e una valorizzazione della rappresentanza femminile.
Ma l’idillio con Roma si è subito incrinato: la Regione contesta l’assenza di esperienza e trasparenza nella procedura, delineando una netta frattura tra livelli istituzionali.

Gli scenari possibili: verso una rottura stabile

La sindrome no–intesa con Roma rischia di trascinare la Sicilia in una fase di stallo amministrativo. Primo, perché il ricorso al TAR può bloccare l’insediamento; secondo, perché la tensione aperta crea un clima di sfiducia tra Regione e Governo nazionale.

Il rischio è che questa vicenda apri un precedente: sullo sfondo, si profila una Sicilia sempre più autonoma nei fatti, pronta a ostentare resistenza a interventi dall’esterno, compromettendo la governabilità e la credibilità istituzionale.

La nomina di Tardino, lungi dal rappresentare una semplice scelta tecnica, diventa simbolo di una Sicilia in subbuglio: divisa tra voglia di protagonismo e logiche di potere, tra identitarismo regionale e logiche di conflitto col centro. Se la situazione non trova una mediazione rapida, la crisi politica regionale è dietro l’angolo — e potrebbe essere longeva.

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