AGRIGENTO – In piazza Stazione, davanti al prospetto monumentale della Centrale, campeggia da qualche giorno “Pinocchio End Game” di Edoardo Malagigi, un’opera antimilitarista stampata in 3D con plastica riciclata da Tetrapak. Secondo la scheda ufficiale, il burattino ricoperto di rilievi che raffigurano armi vuole essere un “manifesto contro la violenza” e un omaggio al pensiero non violento di Danilo Dolci.

Parallelamente, all’ex refettorio di Santo Spirito è stato collocato il “Tempio di Tetrapak”, seconda installazione dello stesso autore.

Il costo complessivo per le due opere è di 71 mila euro. La terza, inizialmente annunciata in piazza Ravanusella, è stata invece cancellata.


Domanda inevitabile: cosa resta ad Agrigento?

Di fronte a cifre di questo livello, i cittadini si chiedono: cosa rimarrà alla città una volta smontate le installazioni? Perché non destinare risorse simili a una scultura permanente, magari affidata con un concorso pubblico ad artisti agrigentini o siciliani, da collocare proprio in piazza Stazione o in altri luoghi simbolici?

Un’opera stabile avrebbe arricchito il patrimonio urbano e lasciato un segno concreto del 2025, invece di dissolversi insieme alle installazioni temporanee.


Priorità e trasparenza

Chiediamo ancora una volta di rendere pubblici atti, determine e preventivi di spesa. Perché se è vero che la cultura è anche provocazione e sperimentazione, è altrettanto vero che Agrigento vive emergenze quotidiane – dall’acqua ai servizi sociali – che rendono necessaria una discussione seria su priorità e utilizzo dei fondi.


Report Sicilia resta, ad oggi, l’unica voce che continua a sollevare queste domande, mentre attorno a noi cala il silenzio.

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