I politici regionali che compongono la commissione antimafia all’Ars hanno fatto visita oggi ai vertici delle istituzioni di Agrigento. E cosa è emerso? “A due anni dalla prima tappa della commissione Antimafia nell’Agrigentino, permane un dato: questo è un territorio importante per le organizzazioni criminali. Qui sono state usate armi da guerra, in particolare kalashnikov, soprattutto a Porto Empedocle, Agrigento, Villaseta. Le armi sono un sintomo del rafforzamento delle cosche, inizialmente teso alla loro acquisizione, poi al loro utilizzo, con un rischio per tutti. Per questo occorre tenere alta la vigilanza e rompere ogni legame di connivenza”. Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, che oggi, con gli altri componenti della commissione, è tornato nella città dei Templi, dopo la tappa di Favara di due anni fa, per completare il lavoro di mappatura sullo stato della criminalità organizzata nelle varie province siciliane. Perchè siamo sempre alla “mappatura”, come se la mafia cambiasse sempre forma, luogo e obiettivi.

Un territorio difficile, dove si spara meno, si imbroglia di più

Dall’ascolto del comitato dell’ordine e della sicurezza e dei procuratori della Repubblica di Agrigento e Sciacca è emerso – come si evince da uno stringato comunicato stampa diffuso nel pomeriggio dalla commissione – un tratto tipico della zona: “Nella provincia di Agrigento convivono una mafia rurale e una imprenditoriale – ha aggiunto Cracolici – c’è il rischio di una imprenditoria mafiosa sempre più diffusa, con personaggi che formalmente non hanno precedenti con la giustizia, a dimostrazione di una mafia che tende a controllare l’economia del territorio attraverso appalti e attività commerciali, specialmente nel settore agricolo. Una mafia che spara meno rispetto al passato ma corrompe di più, che usa le bustarelle come se fossero proiettili”. Di aderenze – vere o presunte – tra la politica e la mafia non si legge una sola parola nel comunicato, ma c’è da ritenere che comunque se ne sia parlato. Come ne parlò qualche mese fa l’editore di questo giornale on line, Giuseppe Di Rosa, all’epoca nella veste di responsabile del dipartimento trasparenza del Codacons siciliano, nel corso dell’audizione che fu invitato a svolgere. Di Rosa aveva sollecitato un’audizione per accendere un faro su Agrigento, a ridosso della stagione da Capitale della Cultura, scontrandosi dialetticamente e frontalmente con un componente della stessa commissione, dimessosi alcune settimane dopo. Tornando a oggi, si legge nella commissione ha poi concluso la sua tappa con l’ascolto dei sindaci dell’Agrigentino su questioni relative alla presenza della criminalità mafiosa nel territorio. 

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