Omicidio colposo. Questa è l’ipotesi di reato che la Procura della Repubblica di Agrigento sta valutando possa sussistere e possa essere attribuita a carico di coloro i quali, al momento ignoti, avrebbero concorso in maniera importante alla morte di Marianna Bello. Bocche cucite ovviamente dal quinto piani del palazzo di giustizia di Agrigento, dove gli inquirenti coordinati dal procuratore Giovanni Di Leo stanno passando al setaccio documenti e testimonianze utili a stilare il perimetro di una indagine che, di fatto, è stata avviata subito dopo la scomparsa della donna, madre di tre figli in tenera età. Al momento dunque non figurano nomi e cognomi iscritti sul registro degli indagati. Con il garbo istituzionale che ha caratterizzato la magistratura agrigentina in questa tragica storia, in Procura hanno ovviamente atteso che la vicenda si concludesse, possibilmente – com’è avvenuto – con il ritrovamento della salma di Marianna, domenica mattina, dopo 19 giorni di ricerche spasmodiche, alle quali ha preso attivamente parte lo stesso sindaco, Antonio Palumbo. Un uomo simbolo dello sconvolgimento di un’intera comunità. Ma su cosa puntano l’attenzione gli inquirenti? Senza ombra di dubbio sul collettore che ha risucchiato il corpo di Marianna, trasportato dal torrente in piena che si era creato durante il nubifragio della mattina del primo ottobre scorso. In questo fabbricato al di sotto del quale, entrando, si può accedere perfino con un bobcat tanto è profondo e ampio, il corpo della donna sarebbe entrato senza un ostacolo tale da bloccarlo.
Tante ipotesi, al momento nessuna certezza


Le voci – e in quanto tali devono essere prese – raccontano numerosi possibili scenari, molti anche fantasiosi. C’è chi dice di tre griglie di contenimento e chiusura su cinque chiuse, con il dubbio su chi (eventualmente) e perchè possa averne lasciato aperte due; si racconta di griglie che si aprirebbero all’occorrenza attraverso un presunto e “sofisticato” sistema a molla, capace di attivarsi in base alla quantità di detriti; c’è chi racconta di come siano stati negli anni alcuni residenti della zona ad aprire spesso le griglie, per evitare che si potessero accumulare rifiuti; c’è perfino chi dice che le griglie aperte erano state aperte dai vigili del fuoco per entrare nel cunicolo, nell’intento di trovare prima possibile Marianna. L’unico dato certo e incontrovertibile è che il corpo della donna è stato risucchiato da questo collettore e che il corpo della ragazza non ha attraversato come un fantasma alcun ostacolo frapposto alla furia del torrente. Qui come in città si avanzano ipotesi che solo i tecnici, nominati verosimilmente dalla Procura, avranno il compito di chiarire, possibilmente in tempi ragionevolmente brevi. La famiglia di Marianna, tramite l’avvocato Salvatore Cusumano, nelle prossime ore presenterà un esposto alla stessa procura agrigentina, con la quale chiederà chiarezza e, possibilmente, giustizia per quanto accaduto. Le indagini sul campo sono condotte dai carabinieri i quali avrebbero già acquisito documenti interessanti sul collettore.


