Dopo la relazione definitiva della Corte dei Conti su Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, è arrivata la replica della Fondazione Agrigento 2025, che prova a rassicurare l’opinione pubblica parlando di: delibera_213_2025_sicilia

  • “ricostruzione delle procedure”,

  • “assenza di irregolarità contabili”,

  • “300 manifestazioni realizzate negli ultimi mesi”,

  • e “tutti i progetti saranno completati entro dicembre”.

Ma il punto è uno:
La Corte non contestava gli eventi. Non contestava le fatture. Non contestava la Fondazione in sé.

La Corte ha messo a verbale che:

L’obiettivo primario dell’iniziativa non è stato raggiunto.
(Delibera 246/2025 – pagg. 191-196) delibera_213_2025_sicilia solo pagine interessate 

Cioè:

  • la città non ha tratto beneficio duraturo,

  • i 44 progetti strutturali non hanno prodotto cambiamento,

  • non esiste alcuna eredità per il territorio,

  • la governance è stata tardiva e inefficace,

  • non c’è stata integrazione tra istituzioni,

  • non è stato istituito il sistema di monitoraggio dei risultati.

La Corte non valuta quanti eventi sono stati fatti.
Valuta cosa rimane alla città dopo.

E la risposta è: niente.


**La Fondazione può parlare di manifestazioni.

Non può parlare della città.**

Perché?
Perché gli eventi sono solo una parte dell’iniziativa.

La parte decisiva — quella che rende una Capitale della Cultura diversa da una “stagione di spettacoli” — è:

Cosa doveva rimanere Cosa è successo davvero
Spazi culturali permanenti Non realizzati o inaugurati solo “a giornata”
Percorsi pedonali e turistici sostenibili Incompleti o non avviati
Rigenerazione urbana del centro storico Rimasta in progettazione
Identità culturale condivisa Nessun processo partecipativo reale
Coinvolgimento dei quartieri Episodico, non strutturale
Sistema culturale stabile Nessun modello di continuità attivato

La Corte lo scrive senza possibilità di replica:

“L’iniziativa non ha generato processi di sviluppo duraturo, né attivato reti permanenti tra cultura, economia e territorio.”
(pagg. 193-194) 


Esempio perfetto: Villa Bonfiglio

Oggi la città ha assistito alla Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate nella cornice di Villa Bonfiglio, con Prefetto, Questore, Carabinieri, Polizia e Autorità civili.

Cerimonia solenne.
Tutto impeccabile.

Ma appena calano le bandiere?

Villa Bonfiglio torna un luogo senza funzione stabile.
Non è diventata:

  • un centro culturale,

  • un hub giovanile,

  • un presidio sociale.

È stata solo un palcoscenico.
E questo è esattamente ciò che dice la Corte:

Agrigento 2025 ha prodotto rappresentazione, non trasformazione.


E ora? Si tenta la narrazione del “tutto va bene”. Ma non regge.

La Fondazione dice: “Completare tutto entro dicembre.”

Siamo a:

  • 2 mesi dalla chiusura dell’anno capitale,

  • con cantieri privi di collaudi, piani d’uso, gestione permanente.

Finché non verranno lasciate opere e strutture funzionanti,
questa Capitale resterà una stagione di eventi senza eredità.

E questo, ormai, non è un giudizio politico.
È scritto negli atti.


La verità è semplice

La Fondazione può parlare di:

  • eventi,

  • rassegne,

  • mostre,

  • calendario.

La Corte ha parlato di:

  • città,

  • futuro,

  • opere,

  • infrastrutture,

  • processi culturali.

Ed è lì che Agrigento non è stata preparata.


Conclusione

Agrigento ha ricevuto la più grande opportunità degli ultimi decenni.

Poteva:

  • ricucire il centro storico,

  • rigenerare quartieri,

  • creare spazi culturali permanenti,

  • costruire una vera identità collettiva.

Ha scelto invece:

  • la rincorsa finale agli eventi,

  • la comunicazione al posto della pianificazione,

  • il palcoscenico al posto della città.

E ora che la Corte lo certifica,
la corsa a smentire non cambia la realtà.

Perché gli eventi finiscono.
Le città restano.
E Agrigento è rimasta dov’era.

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