A Naro si torna a discutere di soldi pubblici, programmazione sociale e trasparenza amministrativa. Al centro della vicenda c’è l’asilo nido di Viale Umberto I, costruito oltre 40 anni fa e mai entrato in funzione. Oggi l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Milco Dalacchi ha deciso di demolirlo e ricostruirlo utilizzando risorse del PNRR. Una scelta politica pesante, ma accompagnata — secondo gli atti — da mancanze difficili da ignorare

Nessuna analisi del bisogno sociale

Il punto centrale non è (solo) l’opera, ma la sua utilità.

Nei documenti approvati dalla Giunta non risultano:

  • una analisi della domanda attuale di posti in asilo;

  • una valutazione sulle cause del mancato funzionamento della struttura in passato;

  • la dimostrazione che oggi esista l’interesse pubblico a riattivare il servizio

Eppure, una prova storica c’è e pesa:
tra 2011 e 2013 l’asilo venne affidato in gestione esterna e fu chiuso per mancanza di iscrizioni, nonostante accogliesse bambini da 0 a 3 anni.

Oggi, il nuovo progetto riduce persino la platea: solo fascia 0-2 anni.


Un Comune in dissesto: chi pagherà gestione e personale?

Naro è in dissesto finanziario dal 2022.

E quando la struttura sarà ricostruita, i costi di gestione ricadranno sulle casse comunali o direttamente sulle famiglie:

  • personale e assistenti

  • utenze (acqua, luce, gas, climatizzazione)

  • manutenzione e sicurezza

Se il servizio sarà esternalizzato, la retta arriverà a 400-550 euro al mese.

In un territorio:

  • composto in larga parte da anziani,

  • con economie familiari monoreddito,

  • dove l’accudimento è quasi sempre affidato ai nonni,

è realistico supporre che le famiglie possano sostenerlo?


Il Consiglio Comunale ridotto a ratificatore

Secondo gli atti, il Consiglio comunale è stato coinvolto solo a decisione già presa, senza dibattito preliminare sul reale interesse collettivo.

Un metodo che ridimensiona il ruolo dell’organo eletto dai cittadini.


Il caso più inquietante: il progetto esecutivo senza autore

Il documento che più dovrebbe essere chiaro — quello esecutivo del progetto — non riporta il nome del tecnico che lo ha firmato.

Non risulta:

  • chi l’abbia redatto,

  • quando,

  • con quale incarico,

  • né se il professionista sia interno o esterno al Comune.

Un progetto pubblico non può materializzarsi come un foglio senza paternità, eppure è esattamente ciò che emerge dagli atti.


Le domande che oggi la città ha il diritto di porre

  1. Chi ha redatto il progetto esecutivo?

  2. Perché demolire e ricostruire una struttura mai utilizzata senza provare che oggi serva davvero?

  3. A chi giova questa operazione?

  4. Di chi sono le mani sulla città?


Report Sicilia continuerà a vigilare

Qui non è in discussione il valore dei servizi per l’infanzia.
È in discussione il rispetto del denaro pubblico, della trasparenza, della logica amministrativa.

Perché costruire senza sapere se servirà non è futuro.

È spreco.

Ed è un lusso che Naro, oggi, non può permettersi.