La Procura della Repubblica avrebbe di che aggiornare l’indagine sulle “cause” della crisi idrica ad Agrigento.
Accertato dalle intercettazioni a corredo dell’indagine dei mesi scorsi, con decine di indagati tra i quali diversi “colletti bianchi”, che c’era la volontà di tenere a secco i cittadini, quanto sta accadendo da alcune ore – ma in verità da mesi ormai – lascia interdetti. Mentre scriviamo queste righe, il viale Leonardo Sciascia al Villaggio Mosè e la via Imera sono simili a fiumi amazzonici. Da falle nella condotta idrica mai riparate o riparate a “membro di cane” sta fuoriuscendo una mole di acqua destinata alle famiglie agrigentine senza precedenti. L’allerta meteo che viene diramata dalla Protezione Civile e dal sindaco per l’acqua che cade dal cielo dovrebbe essere diramata anche per quella che sfocia dal suolo, andando a rendere le strade veri e propri torrenti, con enormi disagi per la popolazione sotto tutti i punti di vista. In primis, evitando che l’acqua erogata finisca nelle case dove, per chi se lo fosse dimenticato, abitano gli utenti che pagano puntualmente le tasse sul consumo idrico. Perchè nonostante Aica (salvo miracoli della politica) sia ormai sul punto di fallire, i cittadini che pagano le tasse ci sono e si chiedono che fine facciano i soldi spesi per vedere finire in strada l’acqua pagata a peso d’oro. Ma ci sono altre domande alle quali nessuno risponde.
Come denunciato da Report Sicilia già a gennaio, il nuovo accordo tra Comune e AICA altro non fu che la ripetizione di quello del 2021: stesso schema, stesse promesse, stessi limiti. E gli stessi problemi che, puntualmente, rimangono irrisolti. Nel frattempo le perdite si moltiplicano, i disagi aumentano e i cittadini continuano a pagare il prezzo più alto.


Dal trionfalismo alle domande inevase
Il sindaco Miccichè aveva gioito pubblicamente al momento della firma della convenzione che permetteva al comune di intervenire, per poi farsi “ristorare” da Aica, gridando al “successo storico”. Ma cosa è cambiato realmente da allora?
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Le perdite non sono state riparate.
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Gli interventi urgenti non sono stati messi in atto.
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La manutenzione continua a rimanere un fantasma.
L’unica certezza è che la città è stanca di proclami e attende fatti concreti.
Lavori annunciati, ma la città aspetta
Ad aprile la Regione ha inaugurato i cantieri per il rifacimento della rete idrica, con un investimento da 30 milioni di euro. Bene, ma oggi i cittadini vedono ancora e soltanto strade allagate da rotture, autobotti che non riescono a soddisfare le richieste, un servizio idrico sempre più precario ed un cantiere già ridotto ai minimi termini e che rischia di fermarsi per carenza economica e problemi di carattere burocratico. Per tutto questo e molto altro la Procura avrebbe di che aggiornare i propri dossier, perchè è inconcepibile vedere quanta acqua si stia perdendo, in barba agli accordi tra Aica e Comune sul fronte delle riparazioni. Dove sono gli operai del Comune? Dove sono i mezzi del Comune? In viale Cannatello c’è una “lapazza” attorno a un tombino da quasi tre mesi e nessuno interviene, causando rallentamenti nella circolazione e pericoli per gli utenti della strada. Una vergogna assoluta che le istituzioni preposte non sanno risolvere. Ci si chiede ad esempio cosa faccia la Prefettura. Il prefetto sempre presente e molto attento alle esigenze del territorio, perchè non richiama il sindaco a mandare alcuni degli operai imboscati in qualche ufficio a scavare e tappare le falle, in attesa della sostituzione dei tubi nell’ambito dei lavori per il rifacimento della rete idrica. Basta “supercazzole” e cerimonie inaugurali, qui lo Stato deve intervenire. La prefettura è da sempre, con la Procura, il baluardo della gente perbene e stanca di sopportare scempi come quello che si sta consumando al Villaggio Mosè, in via Imera e chissà in quali altri angoli della città, tipo in via Pietro Germi o al Quadrivio. Urge un cambio di marcia, nonostante l’ignavia della popolazione, brava a manifestare sdegno solo sui social.

