Un sistema organizzato di sfruttamento del meretricio, gestito tra Licata e Catania, è stato smantellato all’alba dai Carabinieri. Tre uomini agli arresti domiciliari, una donna destinataria del divieto di dimora.

LICATA – All’alba di oggi, 19 novembre 2025, i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Licata, con il supporto dei colleghi della Compagnia di Catania Piazza Dante, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Agrigento nei confronti di quattro persone: tre uomini licatesi e una donna di origine domenicana.

I destinatari del provvedimento sono ritenuti gravemente indiziati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione ai danni di donne straniere. L’indagine, avviata nell’ottobre 2024 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Agrigento, aveva già portato – il 22 ottobre scorso – al sequestro preventivo di tre appartamenti utilizzati secondo gli investigatori per ospitare l’attività di meretricio.

UN SISTEMA STRUTTURATO: CASE, PAGAMENTI E “SERVIZI EXTRA”

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori tramite intercettazioni telefoniche, videosorveglianza, pedinamenti e monitoraggio dei siti dedicati agli annunci, sarebbe emersa una rete ben organizzata.

Le donne extracomunitarie, che svolgevano attività di prostituzione negli immobili messi a disposizione dagli indagati, avrebbero pagato:

  • 50–60 euro al giorno per l’utilizzo degli appartamenti;

  • 10–40 euro aggiuntivi per servizi accessori quali trasferimenti in auto, accompagnamenti per la spesa o ricariche PostePay e Mooney necessarie alla pubblicazione degli annunci online.

Un sistema che – secondo gli inquirenti – garantiva ai quattro indagati un profitto costante e ben strutturato.

LE MISURE ADOTTATE

Il G.I.P. ha disposto:

  • Arresti domiciliari per i tre uomini licatesi;

  • Divieto di dimora in diversi comuni dell’Agrigentino e del Nisseno per la donna dominicana: Licata, Palma di Montechiaro, Campobello di Licata, Ravanusa, Butera e Gela.

PRESUNZIONE DI INNOCENZA

Come stabilito dall’ordinamento, per tutti gli indagati vale il principio di presunzione di innocenza. Sarà il processo a stabilire l’eventuale responsabilità penale e la fondatezza delle accuse.