Era il 2 novembre quando Report Sicilia, dopo numerose segnalazioni, documentò con foto, video e sopralluogo la grande perdita d’acqua potabile alla Rupe Atenea: un vero fiume in piena lungo la strada, mentre gli agrigentini continuavano a ricevere turni di distribuzione sempre più lunghi.

Come nostra consuetudine, pubblicammo tutto e informammo AICA, che — lo ricordiamo — non invia le note stampa alla stampa, lasciando le redazioni a cercare comunicati sparsi e mai comunicati ufficialmente.

Dopo il nostro primo articolo, il Direttore Generale Fiorino, contattato da Report Sicilia, dichiarò che AICA era già intervenuta, sostenendo un intervento immediato venti giorni prima.
Una dichiarazione che oggi assume un peso enorme, perché se davvero l’azienda era intervenuta:

  • perché la perdita è proseguita per quasi tre settimane?

  • perché l’acqua continuava a scendere copiosamente dalla Rupe Atenea?

  • perché i cittadini hanno continuato a segnalare la cascata per giorni?

Le immagini e i video parlano chiaro: l’acqua non è stata affatto fermata.

TURNO DI SETTIMANE PER UN FILO D’ACQUA, MA ALLA RUPE ATENEA CI SONO LE “CASCATE” PER STRADA


Il secondo intervento? Solo dopo che il video di un cittadino diventa virale

Dopo quasi 20 giorni di silenzio, a far “scoppiare il caso” non è stato un comunicato ufficiale di AICA, non è stata una segnalazione tecnica, non è stato un monitoraggio interno.
È stato il video di un cittadino sui social.

Solo allora AICA decide improvvisamente di “rispondere”, diffondendo un comunicato — mai inviato alle redazioni — in cui parla di:

“160 litri al secondo arrivati senza preavviso”.

E qui nasce la vera domanda: 160 litri al secondo per quanto tempo?
Perché questa è matematica, non opinione.
Se la portata è rimasta anche solo un’ora fuori controllo, significa oltre mezzo milione di litri d’acqua potabile dispersi in strada.
Se è durata un giorno, si parla di oltre 13 milioni di litri.

E allora, chi paga?
Chi paga l’acqua persa mentre gli agrigentini restano settimane in attesa di un “filo d’acqua”?
Chi paga il rischio per la sicurezza stradale, documentato dalle nostre immagini, che mostrano l’asfalto trasformato in una cascata pericolosa?
E, soprattutto, chi paga per l’errore umano, quello che la stessa presidente Nobile ammette tra le righe del comunicato?


La pressione delle associazioni: Legambiente e un’associazione civica costringono AICA a muoversi

Il secondo intervento — quello vero — non arriva per “controlli interni”, non arriva per “procedure operative”, non arriva per una gestione attenta del territorio.

Arriva solo dopo:

  • il video del cittadino,

  • la lettera di Legambiente,

  • la lettera di un’associazione cittadina.

Senza questa pressione esterna, la perdita sarebbe ancora lì.


AICA si contraddice: prima dice a noi di essere intervenuta subito, poi nel comunicato parla di “errore umano” e mancate reazioni

Nel comunicato diffuso ieri, AICA ammette che:

  • l’operatore non ha rilevato l’anomalia,

  • non ha attivato manovre correttive,

  • verranno avviati “provvedimenti disciplinari”.

Dunque, la verità è chiara:
AICA non era intervenuta venti giorni prima.
O, se è intervenuta, ha fallito.

Le due versioni non possono coesistere.

E gli agrigentini non possono continuare a pagare per:

  • errori umani,

  • controlli mancati,

  • ritardi,

  • sprechi,

  • pressapochismo.


La domanda che AICA non vuole affrontare: chi paga l’acqua perduta?

AICA oggi parla di trasparenza, piani di monitoraggio, azioni disciplinari.
Parole, dopo 20 giorni di silenzio.

Ma alle domande reali non risponde:

  • Quanti milioni di litri sono stati dispersi?

  • Quanto vale l’acqua buttata via?

  • Chi risarcirà i cittadini?

  • Chi è il responsabile?

  • Perché AICA dichiara a noi una cosa e ai cittadini un’altra?

  • Perché le note non vengono inviate alla stampa?

La perdita alla Rupe Atenea non è un episodio isolato.
È lo specchio di un sistema che scarica sempre tutto sui cittadini:

  • costi,

  • ritardi,

  • inefficienze,

  • errori,

  • silenzi.

AICA oggi dice:

“Non accettiamo sprechi e non li giustifichiamo”.

E allora si parta con la prima azione concreta: dire agli agrigentini chi pagherà per questo spreco.

Perché finora hanno sempre pagato loro.
E continueranno a farlo, finché non ci sarà un’assunzione vera di responsabilità.

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