Mentre la crisi idrica in Sicilia si aggrava, il silenzio delle istituzioni diventa sempre più assordante. Agrigento e l’intera provincia continuano a subire turni di distribuzione idrica sempre più lunghi, senza che nessuna voce istituzionale si levi a difesa dei cittadini. Il sindaco di Agrigento, così come i primi cittadini degli altri comuni della provincia, sembrano ammutoliti di fronte a un problema che mina la quotidianità e la salute pubblica.

Eppure, il problema è stato ufficialmente riconosciuto: il Consiglio dei Ministri, con la delibera del 6 maggio 2024, ha dichiarato lo stato di emergenza per il grave deficit idrico che affligge la Regione Siciliana. Nonostante ciò, gli interventi concreti latitano e la popolazione continua a soffrire, tra promesse disattese e infrastrutture idriche mai realizzate.

Dov’è finito l’impegno dei sindaci?

Durante l’emergenza Covid, i sindaci non mancavano di farsi sentire, aggiornando continuamente i cittadini con veline sui social, alzando l’attenzione e, talvolta, risultando perfino assillanti. Oggi, invece, regna un silenzio inspiegabile, nonostante l’acqua sia una questione di salute pubblica.

Un esempio su tutti è il sindaco di Agrigento, che nell’aprile scorso aveva addirittura minacciato di riconsegnare il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025 se non fosse migliorata la situazione idrica. Una provocazione che, con il senno di poi, si è rivelata solo uno slogan: la crisi si è aggravata e il sindaco è rimasto inerte.

Cosa sta facendo il Comune per gli agrigentini?

La realtà è sotto gli occhi di tutti:

  • I turni idrici si allungano, rendendo la vita dei cittadini sempre più difficile.
  • La rete idrica resta inefficiente, con perdite continue e investimenti mai decollati.
  • I dissalatori, annunciati come la soluzione, forse arriveranno solo il prossimo autunno.

Nel frattempo, gli agrigentini devono continuare a subire in silenzio, pagando bollette salate per un servizio sempre più scadente e affidandosi a soluzioni di fortuna per un bene primario come l’acqua.

La domanda è semplice: quanto tempo dovranno ancora aspettare prima che le istituzioni smettano di tacere e inizino ad agire concretamente?

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