Ad Agrigento c’è chi non riceve acqua potabile da tre mesi, chi aspetta le autobotti comunali e chi è costretto a chiamare quelle private, pagando di tasca propria senza neanche sapere con certezza da dove venga quell’acqua. In questo scenario, la presidente di AICA, Danila Nobile, ha deciso di lanciare un progetto: imbottigliare l’acqua e venderla come “Acqua degli Dei”.

Un’idea che, sulla carta, può anche sembrare affascinante. Ma nella realtà agrigentina suona come una beffa.


Prima il dovere, poi i sogni

Che AICA debba trovare nuove entrate è comprensibile. Che un presidente pensi a iniziative innovative ci può anche stare. Ma il compito principale di chi guida l’azienda idrica è uno solo: fare arrivare l’acqua nelle case dei cittadini.

Oggi, invece, la realtà è ben diversa. Non è il momento di promuovere sogni o etichette suggestive: è il momento di affrontare la cruda verità di una città che sopravvive di turni saltati, bidoni davanti alle case e file per riempire taniche.


Il paradosso delle autobotti

Mentre si parla di imbottigliare l’acqua, migliaia di agrigentini vivono grazie alle autobotti. Quelle comunali, quando arrivano. E quelle private, pagate a caro prezzo, che spesso non si sa nemmeno da quali fonti si riforniscano.

È una realtà che non ha nulla di mitico né di divino. È solo l’immagine di una città ridotta a elemosinare un bene primario, in pieno 2025.


Una “nuova Lurisia”? Non qui, non ora

Se davvero si vuole creare un’azienda di imbottigliamento in Sicilia, ci sono territori come San Giovanni Gemini, Cammarata o Santo Stefano di Quisquina, dove sgorgano sorgenti vere, già sfruttate da multinazionali come Nestlé che pagano pochi spiccioli alla Regione per rivendere acqua a prezzi d’oro.

Ma ad Agrigento no. Qui non ci sono sorgenti da valorizzare, ma solo una rete colabrodo e cittadini esasperati. Pensare di imbottigliare acqua ad Agrigento oggi è come voler imbottigliare l’aria dell’Etna per venderla a bottiglia: un’illusione che non fa ridere più nessuno.


Quando la realtà supera la satira

E poi ci stupiamo quando le testate nazionali vengono ad Agrigento e ci descrivono come un esempio negativo, un caso da manuale di cattiva gestione. La verità è che siamo noi stessi a offrirgli il copione: mentre la gente non ha l’acqua per vivere, parliamo di bottiglie da vendere come prodotto di lusso.

Non è il tempo di marketing o di promozioni. È il tempo della verità e della concretezza. Prima di sognare “Acqua degli Dei”, servirebbe garantire l’acqua dei cittadini.

Perché oggi, ad Agrigento, non c’è niente di divino: c’è solo la sete della gente.

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