A tre mesi dall’inizio ufficiale di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, emergono dubbi e perplessità sull’effettiva capacità organizzativa dell’evento. La situazione attuale presenta ritardi significativi in diversi ambiti cruciali per l’accoglienza turistica e la gestione dell’evento stesso.
L’assenza di una programmazione chiara e l’inefficienza nella gestione delle risorse emergono come i principali problemi. Secondo un’analisi pubblicata dal blog di Italia Viva Sicilia e firmata dall’archeologa Caterina Greco, sono evidenti le lacune nei settori strategici: infopoint, parcheggi, trasporti urbani, infrastrutture, viabilità e forniture idriche. Anche il decoro urbano e l’illuminazione pubblica risultano carenti, segnalando una città impreparata all’evento di rilevanza nazionale.
Un dossier culturale in alto mare
Il nodo centrale riguarda il programma culturale, che appare ancora in uno stato embrionale. La comunicazione ufficiale è frammentaria e il sito web della Fondazione è fermo a un programma che “potrà subire modifiche”. Alcuni degli eventi previsti risultano incomprensibilmente in ritardo, come la mostra “Agrigento e i Chiaramonte”, che doveva essere inaugurata a gennaio e che ancora non è stata aperta. Stesso destino per le residenze artistiche e i laboratori di Banksy Humanity Collection e dell’artista cipriota Efy Spyro, previsti da gennaio ma mai partiti.
Un calendario di eventi riciclato?
L’analisi della programmazione rivela un altro dato preoccupante: molte delle attività previste per l’anno culturale sembrano un semplice riciclo di eventi già esistenti, come la Sagra del Mandorlo in Fiore, il FestiValle, il Carnevale di Sciacca e la Festa di San Calogero. Helga Marsala, su Artribune, ha sottolineato come la strategia sembri quella di “fare massa critica” inserendo nel programma manifestazioni locali che avrebbero avuto luogo indipendentemente dal titolo di Capitale della Cultura.
Anche il cartellone degli spettacoli risulta anonimo e privo di titoli di rilievo o di prime nazionali. Un paradosso per una città che ha dato i natali o ispirato autori del calibro di Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Antonio Russello e Andrea Camilleri.
Un’occasione persa per l’archeologia?
Se c’è un settore che avrebbe dovuto rappresentare il focus qualificante del programma culturale di Agrigento, quello è l’archeologia. Tuttavia, le iniziative che avrebbero potuto creare una rete tra i musei siciliani sono praticamente assenti. Fa eccezione la mostra sui vasi Panitteri al Museo Griffo, inaugurata il 15 dicembre 2024, ma priva di un catalogo ufficiale nonostante la sua chiusura prevista per maggio. Un dettaglio che stride con il valore della collezione, già protagonista nel 1988 di un evento internazionale che riportò ad Agrigento ceramiche attiche disperse nei musei di Parigi, Londra, Francoforte e New York.
La Fondazione in affanno
Non meno preoccupante è la gestione della Fondazione Agrigento Capitale della Cultura 2025, che a oggi non dispone di una sede operativa stabile né di un personale adeguato. La nuova presidente, Dottoressa Cucinotta, ha ammesso le difficoltà incontrate e ha promesso che le proposte di associazioni e sponsor verranno vagliate attentamente. Ma tutto questo dovrebbe essere già stato definito con largo anticipo.
La sensazione generale è che Agrigento non sia pronta a gestire il ruolo di Capitale Italiana della Cultura. Tra ritardi, promesse non mantenute e una programmazione approssimativa, il rischio è quello di un’occasione persa. Resta da vedere se, nei prossimi mesi, la Fondazione riuscirà a invertire questa tendenza e a offrire una proposta culturale degna del prestigioso titolo assegnato alla città.
Fonte: Italia Viva Sicilia