Ad Agrigento la crisi politica ormai è conclamata. La revoca lampo dell’assessore Costantino Ciulla, notificata dal messo comunale come fosse un atto burocratico qualsiasi, ha segnato una delle pagine più nere nella storia politica della città.
Un’umiliazione non solo personale, ma soprattutto istituzionale, che ha colpito non soltanto l’ex assessore alla Cultura, ma l’intero partito di Fratelli d’Italia, primo partito a livello nazionale e componente numericamente più forte del Consiglio comunale.
Alla luce di quanto accaduto, non si comprende come possano rimanere ancora in carica i due assessori di FdI, Gioacchino Alfano e Gerlando Piparo. Dopo un trattamento così irrispettoso riservato a un loro compagno di partito, la loro permanenza in giunta appare una contraddizione non più tollerabile.
La dignità politica, prima ancora delle indicazioni che arriveranno dalle segreterie regionali e locali, imporrebbe loro un passo indietro immediato. Le dimissioni rappresenterebbero un atto di coerenza e di rispetto verso il proprio partito, i propri elettori e la città stessa, che oggi osserva sgomenta il teatrino indecoroso messo in scena dal sindaco Francesco Miccichè.
Un’uscita autonoma dalla giunta anticiperebbe inevitabilmente la mossa dei vertici di Fratelli d’Italia e aprirebbe formalmente la crisi politica al Comune di Agrigento. Restare al proprio posto significherebbe, invece, avallare e legittimare un sindaco che ormai tratta i suoi assessori come pedine sacrificabili, senza dialogo né confronto.
Oggi, più che mai, Agrigento ha bisogno di un sussulto di dignità. E questo sussulto deve partire proprio da chi, in giunta, rappresenta ancora Fratelli d’Italia.


