Ad Agrigento non ci sono dubbi né zone d’ombra: il vero potere non è mai stato nelle mani di Franco Miccichè, sindaco soltanto di facciata. La città è governata da anni da una regia occulta, chiara a tutti e mai davvero messa in discussione. Quel regista ha un nome e un cognome: Roberto Di Mauro.
Dopo una prima fase in cui il “vero sindaco” veniva individuato in Di Giovanni, e un periodo in cui Aurelio Trupia svolgeva il ruolo di “sindaco ombra”, è emerso senza più alcuna ambiguità che a comandare, sin dall’inizio, è stato soltanto Di Mauro. È lui che muove i fili, è lui che decide, è lui che tiene in pugno la macchina amministrativa.
Miccichè: un volto, non un potere
Miccichè, nella narrazione ufficiale, indossa la fascia tricolore e rappresenta Agrigento. Nella realtà, però, non fa altro che eseguire le direttive di chi lo ha riportato al centro della scena politica. È un burattino che consente a Di Mauro di esercitare un potere pieno senza esporsi in prima persona.
Ogni rimpasto, ogni nomina, ogni scelta strategica passa dalle mani di Di Mauro. Dalla giunta comunale ad AICA, dalla gestione dei piccoli lavori agli appalti milionari: nulla si muove senza il suo placet.
Un potere oggi sotto indagine
Il quadro diventa ancora più grave perché Roberto Di Mauro è indagato per associazione a delinquere ai sensi dell’art. 416 del codice penale. Non si tratta di un’ipotesi giornalistica, ma di un procedimento giudiziario che descrive l’esistenza di un “sistema Agrigento” riconducibile proprio a lui.
È la stessa Procura della Repubblica a parlare di un meccanismo organizzato e stabile, capace di condizionare la vita amministrativa, le partecipate e gli appalti. Un potere che non nasce oggi, ma che affonda le radici negli ultimi vent’anni di politica locale e che trova in Miccichè l’esecutore perfetto: colui che firma, che appare, che si espone, mentre le decisioni reali vengono prese altrove.
Il sistema Di Mauro
Non esiste un “sistema Miccichè”. Esiste, ed è la stessa magistratura a sostenerlo, un sistema Di Mauro.
Un sistema che si regge su tre cardini:
-
controllo degli equilibri di giunta, con assessori nominati e revocati secondo logiche di fedeltà;
-
presidio delle partecipate, a cominciare da AICA, per governare il nodo cruciale dell’acqua;
-
gestione diretta e indiretta degli appalti, grandi e piccoli, dal Comune alle opere provinciali.
Chiunque viva la politica agrigentina sa che non c’è delibera, non c’è progetto, non c’è opera pubblica che non porti l’impronta del dominus.
👉 Oggi, con l’indagine in corso e con la Procura che parla apertamente di sistema Agrigento gestito da Di Mauro, la maschera è definitivamente caduta: Roberto Di Mauro è il vero sindaco di Agrigento, colui che comanda e decide, mentre Miccichè resta un semplice esecutore.
La città non è amministrata da chi i cittadini hanno eletto, ma da chi da sempre manovra dietro le quinte.




