Un episodio di violenza cieca, un lavoratore onesto scambiato per un’altra persona, un agguato mafioso che lo ha ridotto in fin di vita. Oggi la giustizia ha fatto chiarezza: quel drammatico ferimento è a tutti gli effetti un infortunio sul lavoro.

Con una sentenza di grande rilievo, il Tribunale di Agrigento – sezione lavoro – ha accolto la domanda presentata dal sig. G.L., assistito dagli avvocati Davide Ciccarello e Simona Fulco, riconoscendo che il grave episodio avvenuto nel 2022, mentre l’uomo era regolarmente impegnato nella propria attività professionale, rientra pienamente nella tutela assicurativa prevista per gli infortuni.

Il lavoratore, impegnato nel settore agricolo e unica fonte di sostentamento per la sua famiglia, fu colpito da diversi colpi di fucile al volto, al torace e alla mano mentre svolgeva il proprio lavoro, in seguito a un tragico scambio di persona. L’agguato, totalmente estraneo a motivi personali o lavorativi, gli ha causato gravi e permanenti lesioni.

Il giudice ha stabilito che l’evento, verificatosi in occasione di lavoro, travalica i limiti tradizionali del concetto di “causa di lavoro”: l’infortunio non può essere circoscritto solo all’attività specifica svolta, ma deve essere esteso a ogni accadimento collegabile al contesto lavorativo.

Le conseguenze fisiche riportate dall’uomo sono state giudicate tali da giustificare la condanna dell’ente assicuratore alla corresponsione di una rendita mensile.

«Questa è una vittoria che rafforza il principio di tutela dei lavoratori – dichiarano gli avvocati Ciccarello e Fulco – perché conferma che l’assicurazione contro gli infortuni indennizza anche rischi imprevedibili, come quelli derivanti da atti criminali, quando il lavoratore si trova in regola e sul luogo di lavoro».

Non si tratta della prima battaglia vinta: lo stesso lavoratore, con l’assistenza dei legali, aveva già ottenuto il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime di violenza mafiosa, accedendo al Fondo di solidarietà con un indennizzo economico.

Questa sentenza, però, apre un precedente ancora più significativo: stabilisce che anche chi non svolge mansioni considerate “a rischio” può rientrare nella tutela contro gli infortuni qualora subisca episodi di violenza o criminalità mentre svolge il proprio dovere.

Una decisione che segna un passo avanti importante per i diritti dei lavoratori e che, partendo da un dramma personale, assume valore collettivo per l’intero mondo del lavoro.

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