Cinque anni di scandali, abusi, intimidazioni e silenzi.
Cinque anni in cui Agrigento è diventata il simbolo di una città abbandonata, dove chi comanda si autoassolve e chi denuncia viene colpito.
Oggi il sindaco più scarso della storia di Agrigento, Francesco Miccichè, va in una televisione di Ragusa a dire che “Agrigento 2025 è un successo” e che “le critiche arrivano solo da una stampa avversa alla città”.
Una dichiarazione che basterebbe da sola a descrivere il livello politico e morale in cui è precipitata questa amministrazione.
Mentre lui parla di trionfi, la città è allo sfascio: cantieri bloccati, strade distrutte, quartieri abbandonati, acqua razionata, spazzatura ovunque e una rete idrica da terzo mondo.
Altro che “Capitale della Cultura”: Agrigento è diventata la Capitale dell’illegalità e dell’ipocrisia.
Dal caso SUV all’uso distorto dei fondi pubblici

Tutto parte dal caso SUV, quando si scoprì che i fondi destinati alla solidarietà sociale erano stati usati per acquistare costosi veicoli di rappresentanza, mai impiegati neppure per il trasporto scolastico dei disabili.
Una pagina vergognosa che rappresenta bene lo spirito di questi anni: l’apparenza al posto della sostanza, l’arroganza al posto della responsabilità.
Nel frattempo, il Comune elargiva consulenze, incarichi e premi a figure di fiducia, mentre i servizi essenziali crollavano.
Gli arresti con condanna dell’ex dirigente comunale Di Giovanni e dei due consulenti del sindaco Miccichè hanno squarciato il velo su un sistema di potere malato, dove la legalità è un optional e la meritocrazia una parola sconosciuta.
Villa del Sole e l’abusivismo sotto silenzio

Poi c’è la Villa del Sole, l’emblema della doppia morale agrigentina.
Un’area storica, sottoposta a vincoli paesaggistici, trasformata in cantiere tra silenzi e connivenze.
Comune e Soprintendenza si sono mossi solo dopo le denunce di Report Sicilia, ma a oggi nessuno ha pagato.
Gli abusi restano lì, come monumento all’impunità.
Ad Agrigento la legge vale solo per chi non ha santi in paradiso.
Mazzettopoli: la rete di potere tra Agrigento, Licata e Palermo
Intanto, è esplosa la Mazzettopoli tra Agrigento e Licata, che ha messo in luce un intreccio di affari, appalti e favoritismi che — fino a prova contraria — coinvolge l’ex assessore regionale Roberto Di Mauro, politico di lungo corso e uomo di potere da quarant’anni, e il suo segretario particolare Giovanni Campagna.
Al centro, l’anticipo di milioni di euro per la rete idrica di Agrigento e una serie di conversazioni che raccontano perfettamente il “Sistema Agrigento”: relazioni, pressioni e scambi di favore che si ripetono da decenni, sempre con gli stessi protagonisti.
Il mistero dell’allontanamento di Ciulla e il clima di tensione
Nessuno ha mai chiarito il vero motivo dell’allontanamento di Costantino Ciulla dalla giunta Miccichè.
Eppure, era l’assessore di riferimento del deputato nazionale responsabile del titolo di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 e della gestione dei milioni di euro arrivati per la cultura.
Da allora, nessuna spiegazione ufficiale, nessuna parola chiarificatrice.
Un silenzio assordante, come tutto ciò che riguarda i fondi della “Capitale”.
Poi, il rogo delle auto di Ciulla, un episodio inquietante che si inserisce in un clima di tensione e intimidazione che da mesi aleggia su Agrigento.
Un clima che ricorda quello che abbiamo vissuto anche noi, con l’attacco hacker contro Report Sicilia, la violazione dei nostri sistemi, il furto delle carte di credito e la manomissione dei computer del sottoscritto, Giuseppe Di Rosa.
Coincidenze? Forse.
Ma il contesto parla chiaro: in questa città chi non appartiene al sistema diventa un bersaglio.
Il potere di Di Mauro e l’espulsione politica del dissenso

Chi scrive è stato messo fuori gioco dal Codacons non per errori o inadempienze, ma — come riferito dai vertici nazionali — per volontà politica di Di Mauro.
Non potendo colpirmi direttamente, hanno chiuso l’intero Coordinamento Regionale che guidavo egregiamente, pur di eliminare una voce libera e scomoda.
È da lì che è nato Report Sicilia, che oggi resta uno dei giornali indipendenti e realmente libero di Agrigento, nonostante attacchi, minacce e tentativi di oscuramento.
La verità che Miccichè non può più nascondere

Mentre Miccichè si autoelogia da un’emittente ragusana, la realtà parla da sola:
Agrigento è una città sporca, insicura, senz’acqua, con strade distrutte e quartieri dimenticati.
Gli unici lavori che procedono sono quelli dei soliti noti, gli unici premi sono per gli amici, gli unici silenzi sono quelli delle istituzioni che dovrebbero vigilare.
Altro che “cultura”: questa è la cultura dell’omertà, del favore e dell’abuso.
La cultura mafiosa che da decenni soffoca Agrigento e i suoi cittadini onesti.
E mentre il sindaco parla di “stampa avversa”, la stampa vera è quella che resiste, che documenta, che non si piega.
Agrigento non si salva con le conferenze stampa, ma con la verità.
E la verità, a volte, fa male solo a chi ha qualcosa da nascondere.
Agrigento è oggi il riflesso di ciò che accade quando la politica diventa impunità e la legalità un optional.
Ma finché ci sarà anche una sola voce libera — quella di chi denuncia, scrive, fotografa, registra, indaga — la speranza non è perduta.
Perché la vera cultura non è quella dei palchi e dei manifesti, ma quella del coraggio.
E Agrigento, per rinascere, dovrà prima liberarsi dai suoi padroni invisibili.
Miccichè: “Mi ricandido, Agrigento 2025 è un successo. Le critiche? Solo stampa avversa alla città”







