fuochi d'artificio agrigento

AGRIGENTO – La voce che arriva da Brescia, ma che pulsa di amore per la propria terra natia, è quella di Antonio Cummo, docente di lettere originario di Agrigento. Dopo trent’anni lontano dalla sua Girgenti, Cummo ha deciso di scrivere pubblicamente – senza filtri e senza nascondersi – una lettera sui social che sta facendo il giro del web, perché racchiude il punto di vista di chi, tornando ad Agrigento, la guarda con gli occhi di un turista e ne resta deluso.

Cummo racconta una città che non è all’altezza del titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025: sporca, disorganizzata, trascurata. Parla di cartelli con scritte sgrammaticate, di strade dissestate, di tombini “coperti e riscoperti” di bitume, di assenza di segnaletica, soprattutto a San Leone, di spazzatura e sterpaglie sui bordi delle strade. Anche la Festa di San Calogero, che avrebbe potuto riscattare l’immagine di Agrigento agli occhi dei visitatori, per Cummo si è rivelata una delusione: i fuochi d’artificio, tanto attesi, si sono trasformati in un flop, “bassi, soffocati dal fumo e troppo brevi”.


Uno sguardo esterno che fa male, ma che serve

Questa lettera ha un valore particolare: non è lo sfogo di un turista qualunque, ma di un agrigentino che ama la propria città e che la osserva con un distacco maturo, capace di mettere in luce ciò che i cittadini – ormai abituati – faticano a vedere.

Cummo paragona Agrigento alle città che hanno davvero saputo onorare il titolo di Capitale Italiana della Cultura, come Bergamo e Brescia (che lo sono state nel 2023), evidenziando la distanza siderale tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è.


La lettera integrale di Antonio Cummo

Scusate e buonanotte.
Sono Antonio Cummo, docente di Lettere agrigentino in un istituto superiore della città di Brescia. Ed è da questa città, nella quale vivo oramai da trent’anni, che seguo tutto ciò che accade nella mia Girgenti, soprattutto quest’anno in cui si vive con un moto d’orgoglio l’atmosfera di un luogo al quale è stato riconosciuto il titolo di Capitale italiana della Cultura.
Che dire, sono amareggiato e profondamente avvilito per come Agrigento viene amministrata. Appare disorganizzata, sporca, e priva di quell’attenzione che invece meriterebbe.
Segnaletiche dalle didascalie sgrammaticate, tombini ricoperti e riscoperti nel bitume, strade dissestate e punteggiate da “lapazze”, segnaletica orizzontale e verticale talvolta assente come si scopre a S. Leone, spazzatura e sterpaglie sul ciglio delle strade, … insomma un vero disastro. Tuttavia la Festa di S. Calogero, tra devozione, tradizione e folklore, avrebbe potuto farmi ricredere, ma non è stato così. Infatti, i tanto attesi giochi pirotecnici (a maschiata) si sono rivelati un’ennesima delusione: bassi, soffocati da nubi di fumo e davvero molto brevi.
Credo di avere saturato la pazienza. Ma perché nessuno dei nostri amministratori locali (sindaco in primis) non prende a cuore le sorti di questa città? Come cittadino che vive in un’altra città già Capitale italiana della Cultura per l’anno 2023, non posso che notare le differenze e rammaricarmi della derisione che leggo sul viso di chi agrigentino non è.
Credo sia arrivato il momento di aprire gli occhi, di giocare a carte scoperte, di dirsi chiaramente come stanno le cose, e non certo per fare della sterile polemica, ma per operare una critica costruttiva nella speranza che le cose per “la più bella città dei mortali” possano finalmente mutare in melius.
Certo dell’attenzione che il gruppo vorrà prestarmi, porgo i miei più cordiali saluti.
Prof. Antonio Cummo


Il peso della critica: il punto di Report Sicilia

Queste parole, per quanto dure, dipingono esattamente la percezione che i turisti hanno di Agrigento: una città ricca di storia, cultura e bellezza, ma gestita senza una visione, incapace di valorizzare il proprio patrimonio.

Se un agrigentino – lontano da trent’anni – percepisce questo degrado, immaginiamo cosa vedono e pensano i turisti che arrivano da ogni parte del mondo. Invece di stupirli con l’eccellenza e l’organizzazione, spesso Agrigento offre cartoline di disordine e incuria.

La riflessione di Antonio Cummo non è una sterile polemica, ma un invito ad aprire gli occhi, rivolto in primis all’amministrazione comunale e a chi dovrebbe fare di Agrigento un esempio di capitale culturale, non solo di nome ma di fatto.

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