Tra i luoghi della memoria citati per ricordare il sacrificio del giudice Rosario Livatino, c’è l’imbarazzo della scelta. C’è la casa natale nella quale visse, con tutto quello che è facile intuire possa generare una visita in essa; c’è l’ufficio nel vecchio palazzo di giustizia di Agrigento, in piazza Gallo, dove oggi ci sono uffici del Comune; c’è ovviamente il luogo nel quale sono tumulati i resti mortali, da poco “traslocati” dal cimitero alla parrocchia di Santa Chiara, nella “sua” Canicattì, non senza polemiche. C’è poi la stele in marmo che durante i lavori per la realizzazione del raddoppio della Strada statale 640 venne spostata (anch’essa..!) dal luogo in cui fu eretta in contrada Gasena, per motivi logistici e per renderne più accessibile la visita e il raccoglimento in preghiera. Ma pochi sanno o, comunque, se ne sono accorti, che ad alcune centinaia di metri dalla stele, luogo della commemorazione annuale e diventato epicentro del “Parco Livatino”, alcuni anni fa, si pensò di posizionare una grande lastra di marmo su uno dei massi che giacciono silenti sotto la strada statale, tra la vegetazione spontanea.
Era il 2021 quando a seguito della beatificazione del magistrato, il Conalpa decise di dare “valore” a quel masso apparentemente anonimo. Ai piedi di quel gigantesco sasso o cmq nelle immediate vicinanza, venne infatti rinvenuto il cadavere di Livatino, poco dopo essere stato crivellato di colpi dal commando di stiddari che lo massacrarono, senza dargli scampo nonostante la sua fuga tra le terre roventi di quel 21 settembre 1990. Quel gigantesco masso, svetta tra le erbacce, irraggiungibile a piedi, con un copertone usato a fare da silenzioso “custode”. Nessuno vi si può avvicinare per poggiarvi un fiore, pare perché nella zona scorre un fiume. Sulla lastra una scritta rossa, nella quale si racconta cosa sia accaduto in questo sito, quasi 35 anni fa, evidenziandone il valore altamente simbolico. Un valore che certamente merita di essere ancor più potenziato, attraverso un ampliamento degli interventi di recupero della zona, già molto apprezzabili grazie all’opera della delegazione provinciale del Conalpa, gestore di un’area da 4.500 metri quadrati su concessione di Anas.