Sono 18 i candidati al nuovo CdA di AICA, ma solo tre saranno selezionati. Pochi i profili tecnici con esperienza specifica nel settore idrico. Si teme un’altra nomina politica mentre la società versa nel caos.

AICA, 18 candidature per il CdA: mancano tecnici di alto profilo, e alla fine sceglierà sempre la politica

AGRIGENTO – Sono 18 i candidati che hanno risposto all’avviso pubblico per far parte del nuovo Consiglio di Amministrazione di AICA, la società consortile che gestisce il servizio idrico in provincia di Agrigento. Ma solo tre di loro verranno selezionati.

Tre persone che dovranno sedersi su poltrone bollenti, chiamate a risanare un ente in profonda crisi economica, operativa e reputazionale. AICA, travolta da debiti, disservizi e inchieste, è oggi una macchina che perde pezzi. Chi accetterà l’incarico, dovrà farlo con un coraggio fuori dal comune.

Ecco l’elenco completo dei candidati:

  1. Domenico Messina

  2. Giovanni La Terra

  3. Angelo Marino

  4. Danila Nobile

  5. Francesco Puma

  6. Felice Cuffaro

  7. Francesco Danile

  8. Giovanni La Bianca

  9. Giovanni Borsellino

  10. Angelo Cutaia

  11. Francesco Lazzaro

  12. Walter Caldarella

  13. Maurizio Cimino

  14. Ignazio Puccio

  15. Domenico Gueli

  16. Rosalia Scibetta

  17. Giovanni Montana

  18. Girolamo Caruso

Tanti nomi, poche competenze specialistiche

Guardando ai profili, colpisce l’assenza di figure di spicco con documentata esperienza nella gestione di società idriche, reti di distribuzione, pianificazione finanziaria o ingegneria ambientale. In altre parole, mancano i profili tecnici di alto livello che ci si aspetterebbe in un momento così delicato.

La sensazione è che l’elenco includa, ancora una volta, professionisti generici, ex amministratori locali, o nomi legati ad ambienti politici, più che esperti del settore. A questo punto, è legittimo chiedersi: verrà davvero scelto chi può salvare AICA o chi serve a mantenere gli equilibri tra gruppi e partiti?

Una scelta che sarà (ancora) politica

Nonostante l’apparenza di procedura pubblica e aperta, è ormai prassi consolidata che la decisione finale venga presa nelle stanze della politica. A scegliere saranno infatti i Comuni soci, molti dei quali fortemente influenzati da logiche partitiche e da dinamiche di potere locale.

Questa prassi rischia di svuotare di senso l’avviso pubblico e trasformare anche questo nuovo CdA in un ennesimo organo politicizzato, senza reale autonomia o visione industriale.

Una poltrona per (pochi) coraggiosi

Chiunque sarà scelto – e saranno solo in tre – dovrà affrontare una sfida titanica: bilanci da ricostruire, creditori da rassicurare, una rete idrica da rifare, e un’opinione pubblica esasperata da continue interruzioni idriche e bollette alle stelle. Chi accetta oggi di entrare nel CdA AICA, più che un manager, dovrà essere un missionario.

Autore