ALLA FINE – se non pioverà – il Presidente della Repubblica verrà ad Agrigento per inaugurare questo scalcinato 2025 che vedrebbe la città Capitale della Cultura. Tutto avrebbe consigliato diversamente, ma Sergio Mattarella oltre ad essere un gran Presidente, un uomo garbato e un siciliano eccellente, e in primis un preziosissimo garante della Costituzione a difesa della democrazia da attacchi e tentativi destabilizzanti, Mattarella alla fine verrà. Lo farà per rispetto degli agrigentini e delle radici culturali di questa città, “martire” del malgoverno. E dovremo ascoltare con grande attenzione le sue parole, che sicuramente non saranno d’occasione. Bisognerà saper leggere tra le righe e nei suoi sguardi, e magari nelle parole informali che potrà avere per quanti in questa città sanno fare resistenza all’inciviltà dei torti subiti. Spero e penso che serviranno a scuotere gli agrigentini che ancora dormono o sonnecchiano, ad incoraggiare quelli che urlano la necessità di un cambiamento, prima che sia la fine. Perchè – va ricordato – il danno che si sta segnando sulla pelle e nella carne della comunità sono un vulnus che richiede lunghi anni di cura, di attenzioni e di azioni. Dalla critica, anche sagace e durissima, indispensabile e severa, come si conviene contro una congrega irresponsabile e inetta, occorrerà passare da ora ad una nuova fase: la raccolta e la sistemazione dei cocci, la costruzione di un quadro di riferimento per sanare i guasti e costruire un modello di comunità che ad Agrigento praticamente è stato sempre negato. Ci vorranno forze e intelligenze, buona volontà e conoscenze, ci vorrebbero i giovani preparati che sono andati via, ci vorranno quelli che sono ancora qui e qui dovremo fermare, motivandoli e rassicurandoli col nostro impegno. Ora va costruito il dopo, senza attendere determinazioni e desiderata delle forze politiche democratiche, alle quali invece spetta uscire immediatamente da schemi, logiche e cerimonie perdenti, leggere, cogliere e incoraggiare ogni spiraglio di inversione di rotta della comunità. Non solo per il voto – quello passato largamente responsabile della situazione disperante che vive la città – ma per ogni santo giorno. Il voto. Molti agrigentini hanno sbagliato, mal consigliati dallo smarrimento, dalla sostanziale assenza di un fronte alternativo unito e incisivo, e da una povertà che va oltre quella materiale, che c’è ed è pesante. Povertà che mal consiglia alla cura del personale, del familiare, solo di quello che c’è da questa parte dell’uscio di casa. Va costruito e trasmesso il concetto di pubblico, di cosa pubblica e comune. Il Comune deve tornare ad essere “La Comune” come si diceva dalle nostre parti un tempo, non la loro cosa. Mancanza di lavoro, assenza di servizi, il giogo della clientela e del familismo, il privilegio degli amici e degli amici degli amici, lo spudorato oltraggio della legalità e la distrazione di chi sul rispetto della legalità dovrebbe vigilare con severità e tempismo, sono alcune delle condizioni che hanno favorito lo stato delle cose. Va messo un punto, urge andare a capo. E nelle parole del Presidente Mattarella – che saprà gestire i suoi pensieri più reconditi e severi, e andare oltre i sentimenti che lo coglieranno nell’ascoltare le parole formali e magari sgangherate, e le facili promesse di chi lo accoglierà – nelle sue parole dovremo saper individuare l’indicazione della strada da imboccare.

tratto dalla pagina Web del Giornalista Nuccio Dispensa

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