Il segretario nazionale della Democrazia Cristiana Totò Cuffaro

Nuovi sviluppi nelle vicende giudiziarie che riguardano la gestione degli appalti pubblici in Sicilia. L’inchiesta agrigentina nota come “Appalti e Mazzette”, che ha coinvolto imprenditori, dirigenti pubblici e amministratori locali, presenta alcuni punti di contatto con l’indagine condotta dalla Procura di Palermo che vede tra i protagonisti Totò Cuffaro, già condannato in passato e oggi leader politico regionale.

A evidenziarlo è Grandangolo Agrigento, che in un’approfondita analisi mette in relazione alcuni nominativi e dinamiche operative che emergono nelle due indagini.
Fonte: Grandangolo Agrigento
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Gli imprenditori al centro delle due inchieste

Secondo quanto riportato dalla testata, almeno due imprenditori comparirebbero in entrambi gli scenari investigativi.

Il “Gruppo Capizzi”

Uno dei punti di incrocio riguarderebbe il gruppo imprenditoriale Capizzi, presente:

  • a Palermo, nelle interlocuzioni e presunte mediazioni che avrebbero coinvolto Cuffaro,

  • ad Agrigento, con una delle società riconducibili al gruppo risultata vincitrice dell’appalto da circa 40 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica nell’area agrigentina.

Un’opera che – ricordiamolo – riguarda direttamente uno dei nodi più critici della vita cittadina: la gestione dell’acqua pubblica, tra perdite, disservizi e tensioni politiche e giudiziarie che Report Sicilia denuncia da anni.

Il caso dell’imprenditore favarese Alessandro Vetro

Un altro nome ricorrente è quello dell’imprenditore Alessandro Vetro (Favara):

  • nell’inchiesta agrigentina risulta coinvolto nell’appalto per la riqualificazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata;

  • nell’inchiesta palermitana è accusato di essere stato tramite di una presunta mazzetta da 25 mila euro che sarebbe servita a condizionare la gestione di appalti futuri.


Due indagini distinte, ma un possibile “sistema”?

Se da un lato:

  • la competenza territoriale è divisa tra Procura di Palermo e Procura di Agrigento,
    dall’altro lato emerge un possibile filo comune nella gestione degli appalti pubblici, che coinvolgerebbe:

  • imprenditori strutturati su più province,

  • funzionari pubblici strategici,

  • ambienti politici capaci di influenzare procedure e incarichi.

Non si parla di un’unica maxi-inchiesta, ma di una rete di relazioni e interessi che potrebbe configurarsi come un vero modello operativo di gestione del potere economico in Sicilia.

Un modello che – secondo l’analisi effettuata – potrebbe essere interconnesso anche quando le procure procedono su binari diversi.


Per Agrigento non è una novità

Questo quadro, se confermato dagli accertamenti giudiziari, si inserirebbe in una lettura che Report Sicilia denuncia da anni:
Agrigento appare non come territorio amministrato nell’interesse pubblico, ma come serbatoio economico su cui:

  • cerchi politici,

  • élite imprenditoriali,

  • e strutture amministrative compiacenti

si muoverebbero per redistribuire risorse pubbliche a beneficio di pochi e non della collettività.

Non si tratta di sentenze: le inchieste sono in corso e gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a giudizio definitivo.

Ma la fotografia che emerge oggi è chiara:
i protagonisti delle due vicende non sono completamente separati, e i confini tra Agrigento e Palermo, in tema di appalti pubblici, sembrano meno lontani di quanto appaia sulle mappe.

Report Sicilia continuerà a seguire, approfondire e documentare.