Nuovo capitolo nell’inchiesta della Procura di Agrigento sul sistema di corruzione negli appalti pubblici. Il Tribunale del Riesame conferma il sequestro di oltre 250 mila euro trovati durante le perquisizioni del 15 maggio. Solo un indagato ottiene la restituzione del denaro. Sul settimanale cartaceo approfondimenti e dettagli in esclusiva.

Agrigento – Prosegue il lungo e articolato filone dell’inchiesta “Appalti e mazzette”, che la Procura di Agrigento sta conducendo per far luce su un presunto sistema di corruzione diffusa negli appalti pubblici, attraverso tangenti, regalie e favori ad amministratori e tecnici. Un’indagine che ruota intorno a figure di rilievo istituzionale e imprenditoriale, con al centro l’ex dirigente del Comune di Licata Sebastiano Alesci e l’ex assessore regionale Roberto Di Mauro, ritenuti tra i promotori dell’associazione a delinquere ipotizzata dagli inquirenti.

Nelle scorse ore, il Tribunale del Riesame di Agrigento, presieduto dalla giudice Wilma Angela Mazzara, ha confermato per la seconda volta in meno di un mese la validità del sequestro di oltre 250 mila euro in contanti, rinvenuti durante le perquisizioni domiciliari effettuate dalla Squadra Mobile il 15 maggio scorso, giorno in cui scattarono gli arresti nei confronti di quattro imprenditori favaresi e dello stesso Alesci.

Il provvedimento di conferma riguarda le seguenti somme:

  • 7.900 euro a carico dell’imprenditore Dino Caramazza

  • 35.000 euro alla sorella Federica Caramazza

  • 188.000 euro alla madre Carmela Moscato

  • 3.900 euro all’ex consigliere provinciale Luigi Sutera Sardo

  • 17.500 euro al “super dirigente” Sebastiano Alesci

Secondo la Procura, si tratterebbe di fondi direttamente riconducibili alle attività corruttive contestate.

I legali difensori – tra cui gli avvocati Maria Alba Nicotra, Giuseppe Barba e Vincenzo Alesci – hanno presentato ricorso, ma i giudici del Riesame hanno rigettato quasi tutte le istanze, mantenendo il sequestro delle somme, che restano quindi sotto la custodia dello Stato.

Unica eccezione: l’ingegnere Vittorio Giarratana, ex dirigente tecnico dei comuni di Ravanusa e Valguarnera, al quale sono stati restituiti i 50.000 euro trovati nella sua abitazione. La difesa – affidata all’avvocato Diego Giarratana – ha sostenuto l’assenza di qualsiasi elemento che potesse collegare il denaro a un’attività illecita. Tesi accolta dai giudici, che ne hanno disposto il dissequestro immediato, pur rinviando la pubblicazione delle motivazioni entro 45 giorni.

Giarratana, sebbene mai raggiunto da misura cautelare, risulta coinvolto anche in una seconda inchiesta condotta dalla Procura di Enna, riguardante presunte frode nelle pubbliche forniture legate alla raccolta rifiuti nei comuni di Valguarnera e Agira, in cui sono stati arrestati Calogero e Giuliano Traina (quest’ultimo attualmente consigliere comunale e provinciale in carica).

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