Secondo il Gip di Agrigento, Maria Sitibondo avrebbe abusato del proprio ruolo per favorire ditte “vicine”, in concorso con il dirigente Alesci. Per entrambi gravi indizi di concussione.

Un quadro inquietante di pressioni, imposizioni e ingerenze istituzionali: è quanto emerge dall’ordinanza del Gip del Tribunale di Agrigento, Giuseppa Zampino, che ha disposto l’obbligo di dimora per l’assessore del Comune di Licata Maria Sitibondo e gli arresti domiciliari per il dirigente comunale Sebastiano Alesci, nell’ambito dell’inchiesta “Appalti e mazzette”.

Il provvedimento riguarda un episodio documentato dalla Polizia Giudiziaria il 27 febbraio 2025 presso un cantiere per la realizzazione di un complesso turistico-alberghiero in località Playa, lungo la SS115 a Licata.

Secondo quanto riportato da Grandangolo Agrigento, Alesci e Sitibondo si sarebbero presentati in cantiere per imporre maestranze e imprese di loro fiducia, pur non avendo alcun titolo per farlo. La direttrice dei lavori, architetto Francesca Irene Laterra, sarebbe stata oggetto di pressioni e inviti a “fare come la volta precedente”, con la promessa implicita che “se non vogliono rotture di scatole” bisognava accettare i nomi proposti.

“Una volta girato il contatto della persona che doveva eseguire i lavori, lei doveva solo pensare a farla lavorare” – avrebbe detto Alesci all’architetto Laterra, secondo quanto riportato nelle intercettazioni.

Il progetto, come evidenziato anche dai documenti affissi nel cantiere, era soggetto a regolare permesso di costruire rilasciato dal Comune di Licata. Tuttavia, i due pubblici ufficiali avrebbero abusato del loro ruolo per esercitare pressioni indebite, trasformando una facoltà privata (quella di scegliere l’impresa esecutrice) in un obbligo imposto con toni intimidatori.

Le accuse del Gip: concussione aggravata e abuso d’ufficio

Il giudice ritiene sussistenti gravi indizi di colpevolezza per il reato di concussione, ritenendo che la Sitibondo – pur senza deleghe urbanistiche – abbia avallato e rafforzato l’efficacia intimidatoria dell’ingerenza esercitata da Alesci, il quale si presentava in cantiere “con l’assessore” per legittimare le sue richieste.

Il passaggio chiave dell’ordinanza sottolinea come:

“La condotta posta in essere dalla Sitibondo si connota per un elevato disvalore sociale e istituzionale, poiché ha prestato il proprio ruolo pubblico per rafforzare l’efficacia intimidatoria dell’interferenza indebita compiuta da Alesci”.

Non solo: per entrambi gli indagati il Gip ravvisa un concreto pericolo di reiterazione del reato, trattandosi di una prassi consolidata e non di un episodio isolato. Alesci viene descritto come figura apicale all’interno della struttura tecnica comunale, capace di interferire nei procedimenti edilizi anche privati “sfruttando impropriamente il proprio status istituzionale”.

Laterra considerata vittima, non complice

Nessuna misura cautelare è stata disposta invece per l’architetto Laterra, considerata soggetto passivo della concussione. Le sue frasi di apparente accondiscendenza (“non si preoccupi, faremo come l’altra volta”) vengono lette come atteggiamento remissivo sotto pressione, in una situazione di disequilibrio gerarchico.

Il Gip conclude affermando che la Sitibondo avrebbe strumentalizzato il proprio incarico pubblico a fini privatistici, e per questo motivo ritiene necessaria la misura cautelare anche nei suoi confronti.


Conclusione

Il caso dell’assessore Sitibondo si aggiunge ai numerosi episodi di malapolitica e interferenze istituzionali che continuano a colpire la gestione degli appalti pubblici e privati in Sicilia. Il fatto che un cantiere privato sia stato trasformato in un campo di pressione politica per “piazzare” ditte amiche dimostra quanto sia sottile – e spesso violata – la linea tra funzione pubblica e interessi personali.

Articolo a cura della redazione di Report Sicilia
Fonte: Grandangolo Agrigento

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