CAPIZZI (ME) – È una storia di sangue, dolore e ingiustizia quella che ieri notte ha travolto Capizzi, piccolo comune dei Nebrodi. Un ragazzo di appena 16 anni, Giuseppe Di Dio, studente dell’Istituto Alberghiero “Don Bosco-Majorana” di Troina, è stato ucciso a colpi di pistola mentre si trovava davanti a un bar in via Roma, insieme ai suoi coetanei.
Giuseppe non era il bersaglio. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il colpo era indirizzato ad un altro giovane con cui l’autore della sparatoria aveva vecchi contrasti. Un regolamento di conti maturato, sembrerebbe, per motivi futili. Ma chi ha premuto il grilletto ha colpito un innocente.
La dinamica
Erano circa le 22:30 quando un’auto con a bordo tre persone – padre e due figli – si è fermata davanti al locale.
Dal veicolo è sceso il figlio maggiore, 20 anni, armato di pistola con matricola abrasa. Senza esitazione ha esploso alcuni colpi verso il gruppo.
Giuseppe è stato colpito in pieno ed è morto poco dopo. Un altro ragazzo di 22 anni è rimasto ferito alla gamba: non è in pericolo di vita.
I carabinieri della Compagnia di Mistretta hanno fermato i tre individui poco dopo. Si tratta di:
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un 20enne, ritenuto l’autore materiale degli spari,
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suo fratello, 18 anni,
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il padre, 48 anni.
Per tutti l’accusa è pesantissima:
omicidio volontario, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di arma da fuoco, lesioni personali e ricettazione, in concorso.
Una tragedia annunciata
Fonti locali riferiscono che la famiglia degli arrestati era già nota alle forze dell’ordine.
Chi li conosce a Capizzi parla apertamente di indole violenta e carattere incline allo scontro.
Il raid armato non è maturato nel buio, non è stato improvviso: è stato un atto deliberato, una spedizione punitiva.
La differenza la fa un dettaglio tragico: l’obiettivo sbagliato.
Chi era Giuseppe
Giuseppe era un ragazzo mite, riservato, appassionato di cucina e di campagna.
Aiutava la sua famiglia nei lavori agricoli, amava la montagna e la vita semplice.
Un ragazzo normale.
Uno di quelli che non disturbano.
Uno di quelli che salutano sempre.
Ed è proprio questo che oggi lacera il paese.
Il sindaco: “Sgomento e rabbia. Qui non si può morire così”
Il sindaco Leonardo Giuseppe Principato Trosso ha annunciato il lutto cittadino:
«La nostra comunità è sotto shock. Un ragazzo innocente strappato alla vita per mano della violenza. Non avremmo mai pensato di piangere un figlio così. Chiederò maggiori controlli delle forze dell’ordine: non si può morire davanti a un bar.»
Molti cittadini denunciano da tempo una crescente sensazione di insicurezza: pochi carabinieri, territorio vasto, zone isolate, tensioni latenti.
Ora si attende la giustizia
La Procura continua ad ascoltare testimoni e compagni presenti al momento della sparatoria.
Si indaga sulle precedenti liti tra il vero bersaglio e il killer.
Se confermato che si tratta di un errore di obiettivo, ci troveremmo davanti a uno dei casi più crudeli che possano colpire una comunità:
un innocente morto al posto di un altro.
Una comunità che dovrà interrogarsi
Non solo sul controllo del territorio.
Non solo sulle armi facili.
Ma soprattutto sul perché un ventenne ritenga normale risolvere un conflitto sparando.
Noi continueremo a seguire la vicenda.
Continueremo a raccontare la verità, come sempre.
Perché un ragazzo di sedici anni non può diventare una vittima collaterale di nessuno.

