Sembrerebbe un paradosso, ma ciò che è accaduto nella città di Agrigento in merito alla atavica questione “acqua” (che i soliti noti hanno utilizzato per tenere sotto scacco i citta) è paradigmatico di un luogo emarginato.
Ciò che è accaduto parla con le recenti proteste ed è, con tutta evidenza, un caso di scuola di contrasto al controllo politico.
Tant’è che il clima che è emerso sembrerebbe abbia prodotto un flusso di opinione dei cittadini, che finalmente si sono mobilitati per affermare i propri diritti.
In una città nella quale i rubinetti sono a secco e l’ acqua si è persa per strada: da 15 anni la nuova rete idrica di Agrigento è ostaggio della burocrazia.
Perfino il primo cittadino, ha dovuto affermare di essere pronto a rinunciare al titolo di “Capitale della cultura 2025” se la crisi idrica non avesse trovato una soluzione.
Ha pure scritto che: “stiamo mettendo in atto tutte le misure necessarie per fronteggiare la crisi” ..
Ma osservare i turisti arrivati ad Agrigento che scattano foto alla fontana di Bonamorone, dove le persone fanno la fila per riempire taniche d’acqua (in uno dei pochi abbeveratoi rimasti attivi) risulta non solo uno spettacolo insopportabile ma azzera tutti gli sforzi per promuovere la città.
Perché mentre in tutta Italia l’acqua corrente esiste, tenendo fede al diritto dell’uomo di potersi dissetare, nel Sud del Sud e cioè ad Agrigento, quello che per gli altri è normalità diventa un’utopia.
Il razionamento idrico comporta intervalli di erogazione idrica anche di 15/20 giorni, con conseguenti gravi danni dal punto di vista igienico sanitario e potenziali rischi di squilibrio dell’ordine pubblico…
Ed è ancora più grave perché il 2024 è l’ anno che precede quello in cui Agrigento avrà il titolo di “Capitale italiana della cultura” ma è diventato l’annus horribilis per il turismo con i proprietari di B&b e hotel che devono far fronte con bidoni e cisterne alla crisi idrica al fine di garantire l’acqua ai numerosi turisti. Tuttavia se non riescono a garantire una doccia, però, come è già accaduto i gestori sono costretti ad annullare la prenotazione, spiegando che non sapranno cosa può accadere, in un’estate in cui i territori che vivono prevalentemente di turismo e agricoltura hanno ricevuto la mannaia più grande sulle loro teste.
Intanto occorre approfondire sulle cause della perdita del finanziamento di 45 milioni relativi al progetto della rete idrica agrigentina e perché l’operazione non sia andata a buon fine.
Il progetto da 45 milioni della rete idrica agrigentina venne finanziato alla fine del 2021 quando Miccichè era già sindaco e quando il governatore della Sicilia era Nello Musumeci. Denaro disponibile e somme concesse ad Aica, l’Azienda idrica dei comuni agrigentini, che sembrerebbe abbia espletato la gara d’appalto con una ditta che ne è poi risultata aggiudicataria.
Tuttavia il progetto finanziario con il Fondo sociale europeo conteneva delle scadenze non rispettate anzi i lavori non sono neanche cominciati.
A discolpa degli errori commessi, sostengono che il progetto sarà realizzato mediante le opportunità offerte dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc).
Si tratta dello strumento di finanziamento e attuazione delle politiche di riduzione degli squilibri economici e sociali.
Sembrerebbe cha adesso la burocrazia e una certa politica abbiano anche deciso di correre ai ripari (mettendo delle pezze ad un buco enorme) con la scelta di riesumare il dissalatore fantasma di Porto Empedocle abbandonato da anni e vandalizzato.

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