In dialetto ci si chiederebbe semplicemente “comu finì”? Sul “caso Narbone” è calato uno stucchevole silenzio, come se nulla fosse accaduto anzi, peggio, come se tanto fosse accaduto, ma è il caso di non continuare a farlo sapere. Nelle scorse settimane ormai, i vertici della burocrazia comunale sono stati chiamati a rapporto dalla Conferenza dei capigruppo in Consiglio Comunale, per un faccia a faccia con la segretaria generale Floresta e il dirigente Avenia. Entrambi invitati a confrontarsi con i consiglieri comunali, su cosa sia realmente accaduto prima della Sagra del Mandorlo in Fiore, quando Carola Narbone venne improvvisamente cacciata dall’assessore comunale Carmelo Cantone, coordinatore del controverso “gruppo Sagra”, dall’organizzazione dell’evento simbolo della città. Quello di Narbone fu un allontanamento dai risvolti ancora poco chiari, accompagnato da un telefonico esplicito invito al silenzio, denunciato in una drammatica lettera dalla stessa funzionaria, inviata a tutto l’apparato burocratico dell’ente, ma poi divenuta pubblica. Tuttavia, come già riportato da Report Sicilia in un precedente articolo, la risposta del Comune fu un “richiamo” ufficiale a Narbone, firmato proprio dal dirigente Avenia, nel quale si ipotizzava un danno all’immagine dell’Ente derivante dalla sua denuncia. Durante l’incontro i capigruppo consiliari hanno chiesto chiarezza sul ruolo e sulla composizione del “gruppo Sagra”, ponendo domande precise: Chi ne faceva effettivamente parte? Su quali basi tecniche o amministrative i membri, in gran parte estranei al Comune, avevano accesso ai locali municipali? Quali autorizzazioni erano state concesse, e da chi? Un “saliscendi” decisamente anomalo per circa una decina di persone non appartenenti alla macchina amministrativa.
La gente vuole la verità, non due verità
Dubbi e domande furono poste a chiarimento sull’utilizzo dei locali situati al Quadrivio Spinasanta. Locali che apparivano più simili a un comitato elettorale che a un luogo di coordinamento organizzativo. La Conferenza dei Capigruppo ha insistito su domande specifiche: Chi ha individuato e autorizzato l’utilizzo di quei locali? Chi è il proprietario della struttura? Chi ha eventualmente sostenuto le spese legate all’occupazione e all’utilizzo dei locali? Fin qui le domande. Ad oggi nessuno ha risposto, in consiglio comunale si è discusso di altro, ma non di questa vicenda che deve essere chiarita in un senso o nell’altro. Ha ragione Narbone – con quello che ne consegue – o ha ragione il Comune a ritenere giusta la propria condotta? La città attende una risposta perchè il “caso” è sempre aperto.