Il dissenso non è tollerato: le dimissioni di Graci diventano un atto d’accusa
A Castrofilippo, la politica si fa rovente. L’assessore Salvatore Graci ha annunciato le sue dimissioni il 19 maggio scorso, ma la sua non è una semplice uscita di scena: è un vero e proprio j’accuse verso un’amministrazione che, a suo dire, ha smarrito il senso del “bene comune” in favore di tatticismi e protagonismi personali.
Nel suo messaggio ufficiale, Graci parla senza mezzi termini di un clima avvelenato da diffidenza e imposizioni. “Comportamenti, metodi, strategie e tipologie di interventi non trovano la mia condivisione”, scrive, denunciando la mancanza di collaborazione e lo svilimento del confronto. “Rinuncio per evitare che la mia presenza critica possa ostacolare il normale svolgimento dell’attività dell’esecutivo”, afferma, chiarendo che le sue parole non sono un addio, ma un grido di allarme.
Baio risponde: “Capricci e atti di imperio”
Il giorno successivo, il sindaco Francesco Baio reagisce senza affrontare nel merito le critiche, ma liquidando l’ormai ex assessore con toni sprezzanti. Lo definisce un soggetto dalle “pretese incompatibili” e dai “capricci”, dimenticando il passato in cui aveva definito la sua nomina “una scelta di fiducia e coraggio”.
Ma allora – si chiede la comunità – perché tenerlo in giunta per dieci mesi? Perché lodarlo fino al giorno prima? E soprattutto: chi sarà il prossimo “capriccioso” da sacrificare?
Il dissenso è contagioso. Per questo lo eliminano.
Il manifesto diffuso dal movimento “ControCorrente” è chiaro: “Appena ti permetti di non obbedire, vieni dipinto come inadeguato, infedele, ingrato”. In una Castrofilippo che vede sempre più voci ridotte al silenzio, il gesto di Graci appare come una resistenza estrema all’omologazione.
“Questa non è politica, è gestione del potere”, si legge nel documento. Il dissenso non è più tollerato, il confronto non è più benvenuto. Chi prova a ragionare in autonomia viene isolato.
E gli altri assessori?
Dove sono le grandi realizzazioni annunciate? Chi si limita a impartire ordini o a dire “sì, signore”? L’impressione – secondo chi ha redatto il manifesto – è che il vero problema non sia chi si dimette, ma chi resta, spesso seduto in silenzio, ma capace di dettare ritmi e decisioni pur non avendo visibilità.
Nel piccolo comune agrigentino, la frattura appare profonda e insanabile. E se il dissenso è davvero contagioso, Castrofilippo sembra ora fare di tutto per metterlo in quarantena.

