A Porto Empedocle tutti parlano, si indignano per il dissalatore dei misteri o per gli ettari di fanghi portuali scaricati da Trapani nella zona industriale e di altre situazioni poco edificanti. Ci sono però casi decisamente importanti che giacciono nel totale silenzio dell’opinione pubblica. In primis, la sorte dello stabilimento dismesso dall’Italcementi. Dopo la chiusura della grande struttura industriale, con pensionamento e/o trasferimento degli operai, a rimanere in piedi e apertissima è la questione della sorte non solo dei fabbricati, ma anche dell’area e di quello che è ormai rifiuto. Il prossimo mese si scriverà una pagina importante, ma andiamo con ordine. Dallo scorso gennaio, su proposta del consigliere comunale Giuseppe Grassonelli è stata istituita una commissione di studio interna allo stesso consiglio comunale, composta dai consiglieri Castelli, Sacco, Grassonelli e Traina che sta passando al setaccio documenti e testimonianze su cosa sia stato lo stabilimento Italcementi e cosa potrebbe essere. E’ stata fatta una ricerca di diversi documenti che si trovano depositati nell’ archivio del Comune, molti dei quali sono risultati illeggibili; mentre dalle visure catastali si sarebbe appreso che l’Italcementi occuperebbe un’area abbastanza vasta di circa 700 ettari. Nel corso del consiglio comunale svoltosi nell’aprile scorso, la commissione aveva chiesto e ottenuto altri due mesi di lavoro, per entrare ancora meglio nel merito di determinate faccende. I mesi sono passati e il prossimo settembre, la commissione relazionerà. La commissione ha già riferito che “l’Italcementi, cessa la sua attività nel giugno del 2012, vendendo alla Società EDILGREEN GROUP che si trova in Germania, mandando il personale impiegato in pre-pensionamento o in altre sedi. Ad oggi tutto il blocco produttivo risulta ancora proprietà dell’Italcementi. Alcune aree sono state vendute, come le cave, ad una società che ancora oggi non è operante sul territorio.
La commissione di studio, ha fatto delle ricerche su un protocollo d’intesa e tramite il Consigliere Grassonelli (in passato a capo di un’altra commissione sul porto) è riuscita a recuperare tale protocollo, per capire le intenzioni dell’Italcementi, cosa sia rimasto dentro il sito, i capannoni abbandonati e aree che possono contenere rifiuti pericolosi per l’ambiente, cercando di avere un quadro chiaro della situazione”. Il punto fondamentale dello studio della commissione è “cercare di capire se all’interno dell’area siano stati effettuati interventi di bonifica e di sicurezza ambientale. Da un primo sopralluogo effettuato dall’esterno, si è potuto costatare che le ciminiere, rappresenterebbero un pericolo in quanto non più stabili”. Questo quanto verbalizzato in consiglio comunale nello scorso aprile. Ed ancora, la commissione ha contattato gente che operava all’interno del sito per avere ulteriori notizie, disponibile a incontrare l’Amministrazione Comunale, per aprire un dibattito”. E non finisce qui. La commissione “fa presente che tutti i siti industriali hanno delle vasche di raccolta delle acque piovane, le quali subiscono un trattamento, un filtraggio per dare la possibilità all’acqua, dopo essere stata purificata, di tornare nell’ambiente naturale, come le acque delle vasche della Società Enel che affluiscono nel mare, mentre le acque delle vasche dell’Italcementi, confluiscono nel Torrente “Re””. La commissione intende appurare la “salute” di queste vasche, coinvolgendo anche l’Arpa. Settembre prossimo dunque non sarà un mese come tanti. Dal Comune e dalla commissione consiliare ad hoc dovrebbe finalmente uscire una reazione concreta, rispetto la dismissione che Italcementi ha messo a segno anni fa, lasciando a Porto Empedocle una eredità che in pochi auspicavano, in questi termini. Come avvenne decenni fa per la fuga della Montedison, con annessi e connessi. Un bis di quel disastro ambientale, economico e sociale sarebbe devastante sotto tutti i punti di vista.