Sono approdate stamattina sulla banchina di Porto Empedocle, a bordo del traghetto Las Palmas le 10 salme dei migranti morti nel Canale di Sicilia nei giorni scorsi, a seguito dell’ennesimo naufragio. La Prefettura di Agrigento ha immediatamente attivato le procedure per dare degna sepoltura a queste ennesime vittime del dramma migratorio. Non si può fare altrimenti e nessuno vuole girarsi dall’altro lato. Alcuni sindaci della provincia hanno dato disponibilità di alcuni posti nei rispettivi cimiteri, almeno quelli dove qualche posto disponibile pare ci sia ancora. La neonata di 11 mesi, il papà e un’altra persona verranno tumulati a Canicattì; tre adulti a Palma di Montechiaro, due a Grotte, uno a Castrofilippo e un altro a Joppolo Giancaxio. Un paio di sindaci hanno evidenziato a mezzo stampa la loro disponibilità a fornire i posti dove tumulare i defunti, inneggiando alla solidarietà e ai soliti discorsi su questa falsa riga umanitaria. Una autocelebrazione probabilmente evitabile, in una vicenda dove il silenzio e il rispetto per le vittime dovrebbe essere al primo posto. Altre sepolture di persone sconosciute dunque sorgono nei cimiteri della provincia di Agrigento, dove molti defunti indigeni attendono invece da mesi o anni una degna tumulazione, a causa della scarsa presenza di loculi in numerosi campisanti. Basti pensare ad Agrigento, al cimitero di Piano Gatta dove decine di defunti attendono dentro la camera mortuaria di trovare una degna sepoltura, in nuovi loculi. Una “guerra” tra poveri viene da pensare anche per un posto dove essere sepolto. Gli iter e i contesti sono diversi, ma questa è la realtà agrigentina. Paradossi che nulla tolgono alla necessità e al sacrosanto diritto di dare una degna sepoltura anche a queste persone ignote, morte nelle tragedie del mare alle quali mai ci si deve abituare. Magari senza propaganda di alcuni politici.